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Il gruppo organizzato “Mantenimento Diretto”, costituito da molti uomini e donne di tutta Italia coordinati attraverso la rete, terrà nei prossimi giorni un convegno a Napoli sulle tematiche dell’affido condiviso, mantenimento diretto, separazioni. L’organizzazione del convegno è partita mesi fa: è di inizio luglio la richiesta del coordinatore del movimento, Amedeo Paolucci, indirizzata al Sindaco di Napoli De Magistris, per un patrocinio della municipalità e la concessione della Sala dei Baroni, presso il Maschio Angoino. A fine luglio il primo cittadino risponde positivamente, dicendo apertamente di condividere le finalità dell’iniziativa.
Colpo di scena: ieri il Sindaco torna a scrivere e avvisa che il patrocinio viene ritirato, la concessione della Sala dei Baroni forse anche (poco dopo la disponibilità verrà confermata). C’è sconcerto nel movimento per il mantenimento diretto. Cosa è accaduto, perché De Magistris ci ha ripensato? Si sussurra di una lettera di protesta di un gruppo di femministe a cui il primo cittadino avrebbe ceduto. Poi la verità viene a galla: la causa del ripensamento, si scopre, è una lettera dell’Assessore comunale al Welfare Roberta Gaeta, eletta in una lista civica, e di mestiere, fuori dalla politica, insegnante e operatrice presso cooperative di servizi alla famiglia e affidi familiari. Lettera, quella sì, probabilmente indotta, ispirata, forse anche dettata dai movimenti femministi. Basta guardarne i contenuti per accorgersene.
Dopo una ricostruzione del percorso che ha portato alla concessione del patrocinio comunale e della sala conferenze, l’Assessore Gaeta spara una frase su cui Freud e i suoi famosi lapsus avrebbero fatto festa. Si condivide, dice, “la preoccupazione perché anche nel nostro paese si realizzi una vera bigenitorialità nel senso di un affido condiviso”. E’ un bizantinismo espressivo scritto da chi non sa gestire quello stile. Vuole dire che anche lei auspica la bigenitorialità, ma dalla penna le esce una frase infelice, sicuramente più veritiera: lei e le sue mandanti sono preoccupate all’idea che i figli d’Italia possano frequentare paritariamente madre e padre. Ma al di là del lapsus, qual è il problema dell’assessore? E’ il DDL Pillon, un disegno di legge molto lontano ancora dall’essere approvato, e che il movimento organizzatore del convegno potrebbe voler analizzare e discutere durante il suo incontro.
Non sia mai, dunque, per l’Assessore, che liberi cittadini si riuniscano democraticamente per discutere tematiche che un senatore democraticamente eletto ha tradotto in una proposta di legge al momento in discussione nella principale istituzione del paese, ossia il Parlamento. Non si può, non si fa. Perché mai? La motivazione addotta è di nuovo un’involontaria buffa ammissione: anzitutto con il DDL Pillon, dice, i fanciulli rischiano di venire privati della potestà genitoriale. Ignoranza dopo la faziosità: la potestà genitoriale non esiste più, oggi si parla di “responsabilità genitoriale”. Ma poi viene il punto principale: la riforma in discussione rende vittime le donne che nel nostro paese non hanno un’autonomia economica e lavorativa. A parte che non è vero, qui c’è un’implicita ammissione che gli assegni di mantenimento dei figli in realtà servono a mantenere le ex mogli.
Argomentazioni risibili, quando non in malafede, come al solito. Ma è sul metodo e non sul merito che si innesta l’enorme gravità dei fatti. Il movimento per il mantenimento diretto non è un’organizzazione di facinorosi dediti alla sovversione della democrazia. Sono normali cittadini desiderosi di discutere liberamente una tematica che gli sta a cuore, anche, se del caso, riferendosi alle proposte di legge democraticamente e liberamente presentate in Parlamento. Nel loro programma non c’è né la deprivazione dei diritti dei minori né tantomeno l’eliminazione dei diritti delle donne. Semplicemente parlano di argomenti su cui l’assessore Gaeta e il suo elettorato femminista sono in dissenso. Non ci sono dunque, se tutto ciò avvenisse in una città libera e democratica di un paese libero e democratico, né termini né principi perché venga loro ritirato il patrocinio. Eppure De Magistris cede. Impaurito dalla canaglia femminista, rappresentata in lettera dal suo assessore, si ficca la coda tra le gambe, si rimangia l’adesione prima espressa col patrocinio, e per un po’ è lì lì per togliere anche la sala.
Ciò che è accaduto a Napoli, dunque, è un atto gravissimo. Un atto di intimidazione, un comportamento da squadraccia fascista, dove le camicie nere sono le femministe, l’Assessore il manganello e il Sindaco l’olio di ricino. Non diversamente poco tempo fa i gloriosi alpini sono stati forzati dall’ex ministro Pinotti, a sua volta pressata dalla galassia rosa, a scusarsi e a non querelare un’organizzazione femminista che li aveva diffamati. E questo è un andazzo inaccettabile, scandaloso, di cui si è avuto abbastanza. E’ l’istituzionalizzazione del sopruso e del bavaglio, addotta con motivi privi di fondamento e insostenibili, ma gonfi di ideologismo e paura di perdere privilegi impropri. Nel caso di Napoli guadagnati e consolidati sulla pelle dei minori. Ma, ripeto, non è tanto il merito della questione, quanto il metodo.
E allora non posso fare a meno di rivolgermi al Sindaco di Napoli Luigi De Magistris. I molti uomini e donne del movimento per il mantenimento diretto, così come tutti coloro che guardavano con interesse alla loro manifestazione al Maschio Angioino, oggi la considerano il primo cittadino di una città dove la discussione democratica e libera di tematiche di interesse pubblico non è ammessa. Lei in persona, gentile Sindaco, è un’istituzione indisponibile a patrocinare il libero e democratico confronto di idee, non per convinzione personale, il che avrebbe una qualche dignità, ma per debolezza rispetto a pressioni indebite e prive di ogni argomentazione sensata che non sia quella meramente ideologica. Che Napoli e dintorni non fossero luoghi favorevoli alla corretta genitorialità già si sospettava, alla luce della storia di Fabio, che ho raccontato di recente. Da ora in poi, grazie a lei, signor Sindaco, è lecito dire che Napoli non è una città per liberi e democratici. Mi auguro che i tantissimi napoletani per bene, uomini e donne, si ricordino di questo alla sua prossima candidatura.
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