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Giuseppe Spadaro, Presidente del Tribunale dei Minori di Bologna, si fa sentire. E’ passato più di un mese dalla diffusione della notizia degli affidi illeciti in Val D’Enza, qualche indagato comincia a confessare, ma soprattutto l’attenzione e l’allarme generale su questa vicenda non accennano a calare, con lo stupore dei media e di tutte le parti più o meno politiche che stanno facendo il possibile per distrarre altrove l’attenzione. Fin dall’inizio della vicenda, Spadaro non era intervenuto: giusto riserbo di un magistrato a capo di un Tribunale che, direttamente o indirettamente, era coinvolto nella vicenda. Ora però parla, in una telefonata al TG2 che va ascoltata e analizzata attentamente:
Ci sono alcuni elementi che colpiscono in questo intervento. Anzitutto dal tono si capisce perfettamente che il magistrato sta leggendo un testo preparato in precedenza. Niente di male, ben inteso. Probabilmente non era disponibile a dibattiti o botta-e-risposta, dunque per essere certo delle proprie parole, si è scritto e ha letto l’intervento. Peccato perché si sente che è un po’ innaturale. Come innaturali, per lo meno in bocca a un magistrato, sono alcune espressioni: “campagna di odio”, “sciacallaggio”. Termini che possono andar bene per un qualunque esponente del PD preso dalla paura che si parli della vicenda, o per qualche pennivendolo che tiene bordone al politico di cui sopra, ma a un magistrato no. Viene da chiedersi dove veda, Spadaro, la “campagna d’odio”. Non c’è nulla di organizzato, solo cittadini genuinamente indignati, magari pure arrabbiati, per una vicenda che ha tutti i requisiti per far infuriare persone per bene.
Dice: i magistrati del Tribunale dei Minori hanno ricevuto delle minacce. Spiace, ovviamente. Tuttavia sono nella condizione di chiedere e ottenere delle scorte, nel caso. E forse, chiedo, non sarebbe stato meglio se si fossero fatti qualche domanda prima di prendere per buoni i numeri folli che da anni gli venivano presentati dai servizi sociali deviati? Forse ora non ci sarebbero così tanti genitori imbufaliti e qualcuno che (sbagliando) invia minacce. Quanto allo “sciacallaggio”, anche lì non si vede dove sia, per lo meno limitando lo sguardo alla gente comune. Nella politica sì, certo, gli sciacalli ci sono. Non si diventa politici se non si è un po’ sciacalli. Ma da coloro che guardano alla magistratura con fiducia, come ultima spiaggia per una giustizia spesso irreperibile, si tratta solo del desiderio che tutto non finisca “all’italiana”, come il Forteto o i “diavoli della bassa modenese”. Se questo, e tutta l’attività di analisi e informazione che viene fatta sulla vicenda, è sciacallaggio, allora il Dottor Spadaro sta usando un termine sbagliato, e lo sta facendo in modo strumentale. Non voglio crederlo.
“Se vi sono stati assistenti sociali infedeli, sarà accertato in sede giudiziaria e devono essere puniti severamente”, continua il magistrato, aumentando il pathos della lettura. Sarò mal disposto io, ma continuo a pensare che i magistrati abbiano delle responsabilità nell’aver avallato le porcherie dei servizi sociali deviati. E non è sciacallaggio, ma logica: o erano correi in qualche modo, il che sarebbe gravissimo, oppure non se ne sono resi conto, il che rimane grave sotto un profilo professionale. In entrambi i casi sarebbe opportuno andare a fondo e sanzionare chi deve essere sanzionato. Non per vendetta, ma per giustizia verso famiglie devastate e vite di minori sconvolte, oltre che per ridare un minimo di fiducia nella magistratura. In quest’ottica la frase di Spadaro sembra voler stornare dal suo Tribunale ogni sospetto o ogni possibile iniziativa inquirente sull’operato dei suoi giudici. Se la mia impressione è corretta, e spero non lo sia, è una strategia molto sbagliata. Il clima creato dai “fatti di Bibbiano” è tale da richiedere un’autocritica e un’operazione radicale di pulizia interna a cui la magistratura si dovrebbe prestare di buon grado, senza tentare di mollare la patata bollente in mano agli altri protagonisti della vicenda.
C’è poi una precisazione: le minacce ai magistrati del Tribunale dei Minori sono arrivate dopo la diffusione della notizia dell’allontanamento di un minore, nonostante le segnalazioni della Procura che, indagando, aveva scoperto trattarsi di uno dei tanti falsi. Gli insistiti avvisi del PM Valentina Salvi (che si dimostra così una grande persona, oltre che un grande giudice) però erano rimasti inascoltati. Spadaro precisa allora: “il minore non è mai stato allontanato, bensì messo in protezione“. Cioè? Allontanato e messo in comunità: ah, gli eufemismi… Ma qui Spadaro si accalora: “attenzione!”, scandisce, “insieme alla madre“. Peccato che questo non cambi le cose. Il PM Salvi ai tempi avvisò il Tribunale dei Minori che i servizi sociali deviati stavano manipolando relazioni e prove allo scopo di criminalizzare il padre del bambino, tanto per cambiare. Lo facevano appellandosi a un precedente dell’uomo, risalente a dieci anni prima, per guida in stato di ebrezza, grazie al quale lo dipinsero falsamente come un alcolista. Pur avendo accesso ai precedenti di quell’uomo, i giudici del Tribunale dei Minori di Bologna se la sono bevuta e hanno allontanato un figlio da un padre.
Cioè hanno collaborato, ancora non è chiaro se dolosamente o colposamente, al disegno ideologico generale con cui i servizi sociali deviati della Val D’Enza operavano sistematicamente: demolizione della figura maschile e paterna, sempre dipinta come inadeguata o abusante, e smembramento della famiglia, per fare coi minori business o esperimenti sociali in salsa LGBT. Che mamma e figlio siano finiti in una comunità (ora sono rientrati a casa) a mio modesto avviso non solleva il Tribunale dei Minori dalle sue responsabilità. Anzi, se possibile le aggrava. In questo senso la difesa del dottor Spadaro rischia di essere debolissima ma soprattutto rivelante per lo meno di quanta difficoltà stia creando questo caso non solo nelle amministrazioni locali coinvolte, né soltanto in qualche partito politico, ma anche nel necessario processo di autocritica e revisione interna che dovrebbe coinvolgere il Tribunale dei Minori di Bologna (e non solo, ovviamente, essendo quello degli affidi illeciti un fenomeno nazionale). Di fatto l’intervento del Presidente del Tribunale suggerisce una strategia: lasciate stare i giudici, fate giustizia sugli altri e “nessuno si farà male”. Io, da cittadino, francamente non ci sto. Il male è profondo, il bisturi è doloroso, ma se serve perché non capiti mai più, ben venga. Quando serve un’incisione profonda, anche gli intoccabili devono rassegnarsi a diventare toccabili.
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