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L’ipotesi di reistituire in questa legislatura la Commissione parlamentare sul femminicidio traballa. Forse accade per le mie lettere di agosto, forse per il mio recente video, o forse per altri motivi che non so. In ogni caso ciò che chiedo qui è di dare una spallata e abbattere la menzogna. Serve adesso una mobilitazione generale affinché la Commissione non venga istituita, in nessun caso.
Vi chiedo quindi di inviare un’email ai capi della maggioranza e ai maggiori rappresentanti delle istituzioni (gli indirizzi includono quelli dei loro collaboratori). Va fatto in massa, in modo virale, coinvolgendo tutta la società civile che condivida le ragioni del NO. Che non è un no per puntiglio o ideologico, è argomentato da motivi razionali. Ed è controbilanciato da una proposta ben diversa. Chi è d’accordo, invii l’email. Insieme, come una cosa sola. Perché non è più tempo per atti ostili contro le persone per bene. Adesso basta.
Destinatari:
massimo.perrino@senato.it; claudio.girdeni@senato.it; SegreteriaGabinettoPresidente@senato.it; matteo.salvini@senato.it; andrea.paganella@interno.it; segreteriatecnica.ministro@interno.it; caposegreteria.ministro@interno.it; dimaio_luigi@camera.it; relazioniesterneministro@lavoro.gov.it; segreteriaministro@pec.lavoro.gov.it; presidente@pec.governo.it; massimiliano.romeo@senato.it; stefano.patuanelli@senato.it
Oggetto: NO alla Commissione parlamentare sul femminicidio
Testo: Io mi oppongo alla ricostituzione in questa legislatura della Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio. E mi oppongo per le seguenti ragioni:
- Non esiste una definizione comunemente accettata e sostenibile di “femminicidio”: essa cambia a seconda di convenienze e ideologie.
- Non esistendo una definizione, non esiste un conteggio preciso del fenomeno “femminicidio”: anch’esso varia a seconda delle tesi che si vogliono sostenere.
- Quand’anche esistesse, sarebbe un fenomeno che ad oggi riguarda 0,1 donne ogni 100.000 abitanti: un dato sicuramente orribile, ma di fatto fisiologico, al limite dell’irrilevanza.
- Gli omicidi di donne sono in calo verticale da decenni, e continuano a diminuire: al contrario restano infinitamente di più gli omicidi di uomini.
- Il concetto di femminicidio è sostenuto da statistiche ottenute con metodologie discutibili e che in ogni caso rappresentano stime campionarie, dunque ipotesi non verificabili. E che, se verificate, vengono smentite.
- Perché, a riprova della loro sovrastima, le donne che sporgono denuncia per violenza sono in media 50.000 all’anno, e di quelle denunce solo un 6% in media si conclude con una sentenza di colpevolezza, il resto viene archiviato o finisce in assoluzione.
- Perché l’ipotesi che moltissime donne non denuncino non ha alcuna prova o evidenza a supporto, esattamente come l’ipotesi opposta. Il che è tipico di fenomeni che non esistono.
- Le rilevazioni sull’argomento realizzate dall’Unione Europea collocano l’Italia tra i paesi più sicuri per le donne.
- Il numero di ricoverati per violenza subita da terzi sono nella stragrande maggioranza uomini e non donne.
- La violenza delle donne sugli uomini è ugualmente ampia e diffusa, sebbene mediaticamente non notiziata: autorevoli ricerche hanno dimostrato che la violenza è connaturata all’essere umano e non al genere, e una ricerca attualmente in corso promette di confermare questo dato.
- La Convenzione di Istanbul, spesso invocata su queste tematiche, sul piano del diritto internazionale riveste scarsa rilevanza, essendo stata ratificata a fatica, dopo molto tempo, e non da paesi-chiave sullo scacchiere internazionale.
- Perché esistono fenomeni sociali assai più gravi, in termini quantitativi e qualitativi, del “femminicidio”, tali da meritare le risorse di commissioni d’inchiesta parlamentari (ad esempio morti sul lavoro, morti per infezioni post-ricovero, suicidi, i senza fissa dimora).
La mia opposizione però non è fine a se stessa. Essa si accompagna a una proposta. Oggi il livello di tensione tra uomini e donne in Italia, complice il dilagare di posizionamenti ideologici improduttivi e di interessi correlati distruttivi, è altissimo, e coinvolge una molteplicità di materie: dalle separazioni e affidi per i minori, agli accessi all’istruzione e alla sanità, passando per gli incentivi al lavoro o all’imprenditoria e alla narrazione mediatica. Le anomalie correnti e i conflitti che ne seguono colpiscono alla cieca, coinvolgendo tantissimi uomini e donne per bene, e non di rado i minori. Con ciò si ostacolano le vere vittime nell’accesso a sistemi di protezione e a rapidi procedimenti di giustizia, si avvelenano i preziosi pozzi delle relazioni interpersonali, si apre una falla nella costruzione di un futuro concorde.
Per questo motivo, nel confermare la mia opposizione alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio e ad ogni altra simile iniziativa che vada ulteriormente a erodere il dettato dell’Art.3 della Costituzione, costituendosi come centro di elaborazione di teorie e pratiche discriminatorie, mi dichiaro apertamente a favore della costituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta per la concordia e dialogo tra i generi, composta paritariamente da uomini e donne e con la missione di rasserenare il clima civile nazionale ponendo le basi per un futuro improntato alla giustizia e all’equità tra i generi.
Cordiali saluti.
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