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Ho avuto il privilegio di ricevere un contributo del Dott. Vittorio Vezzetti, Presidente European Platform COLIBRI e co-fondatore dell’International Council on Shared Parenting, relativo al Disegno di Legge 735. Sono felice di pubblicarlo qui di seguito come prezioso contributo al dibattito, fermo restando che la mia opinione personale rispetto alla proposta presentata dal Senatore Simone Pillon rimane positiva ma critica, ritenendo che sia indispensabile un suo perfezionamento attraverso alcune modifiche cruciali di alcuni suoi pilastri, come più volte ho espresso su questo blog.
di Vittorio Vezzetti – È stato depositato ad agosto al Senato il DDL 735 per la riforma dell’istituto dell’affidamento condiviso. Esso intende dare applicazione ai punti previsti dal contratto di governo sull’argomento e ciò favorendo appunto e testualmente “ la permanenza del figlio con tempi paritari tra i genitori, rivalutando anche il mantenimento in forma diretta senza alcun automatismo circa la corresponsione di un assegno di sostentamento e valutando l’introduzione di norme volte al contrasto del grave fenomeno dell’alienazione parentale”. Risulta quindi interessante analizzare sinteticamente questi punti e le ragioni che hanno portato all’articolato della proposta di legge.
- REALIZZAZIONE DELL’EQUILIBRIO TRA LE FIGURE GENITORIALI
L’attuale disparità tra le figure genitoriali dopo la separazione relega l’Italia gli ultimi posti fra i Paesi occidentali in tema di bigenitorialità. Un affido paritetico riguarda il 3-4% dei minori e solitamente per accordo fra le parti, mentre chi eccezionalmente lo ottiene attraverso il giudizio del magistrato sale spesso agli onori delle cronache e il caso viene reputato da prima pagina sui quotidiani! Un affido materialmente condiviso (nel range 35-65%) riguarda circa il 5% dei casi mentre un affido materialmente esclusivo (al di fuori di questo range) è la sorte che spetta a tutti gli altri minori italiani con una media di 6 pernotti per il genitore secondario versus 24 del genitore primario. Eccezionale è poi il caso che il padre riesca ad ottenere il pernottamento dei figli minori di tre anni e, comunque, solitamente nella misura di 2 pernotti mensili. Il tasso di affido esclusivo al padre è il più basso al mondo (<0,7%), oltre dieci volte meno di quello alla madre (8% secondo l’ISTAT).
Da ciò si evidenzia che la critica di un presunto vulnus derivante da una standardizzazione di una tematica che andrebbe decisa caso per caso non esiste, visto che invece proprio oggi caso per caso non si decide e, numeri alla mano, abbiamo una standardizzazione assoluta, visto che la Cassazione-malgrado l’assenza di prove scientifiche- con ordinanza 25418-2015 definisce una presunta nocività dell’affido alternato e visto che l’analisi dei Paesi esteri ci dice che laddove esista una presunzione di affido materialmente condiviso vi è assai maggior diversificazione dei provvedimenti.

La ricerca ha osservato che questa sperequazione, priva di substrato scientifico, porta a diverse conseguenze: da un lato ad un forte rischio di perdita completa del legame con la prole a distanza di pochi anni dalla separazione della coppia genitoriale (anche qui, con il 25-30% di minori che perdono contatto con un genitore siamo agli ultimi posti, ben lontani dal 12% della Danimarca e dal 13% della Svezia). Inoltre questa logica del “win or lose”, conduce ad un aumento della conflittualità. Sia la perdita genitoriale sia la forte conflittualità rappresentano delle potenti “childhood adversity” che la Medicina ha dimostrato essere in grado di causare danni organici importanti a distanza di alcuni anni dall’evento (danni ormonali, cromosomici, malattie neoplastiche, malattie infiammatorie croniche, malattie psichiatriche ecc.).
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Per fare un esempio concreto ricordo le importanti ricerche svolte a Princeton che con l’ausilio della microscopia elettronica hanno dimostrato che a nove anni i bambini che hanno in precedenza perso il padre (per morte, incarceramento o anche divorzio) hanno una riduzione significativa dei telomeri cromosomici. Le conseguenze a distanza sono serie. Ripeto da anni nelle sedi più autorevoli (Parlamento europeo, Alto Commissariato per i Diritti Umani dell’ONU, Ministero della Salute) che il divorzio con bambini va affrontato come un problema di salute pubblica.
E’ inoltre pacifico che i minori che vivono in affido materialmente condiviso (locuzione da me ideata e introdotta in Italia nel 2010), come prevedrebbe la normativa oggi in discussione, godono in media –con buona pace degli avversari di questa riforma-di miglior benessere di coloro che vivono secondo l’attuale costume giudiziario italiano e cioè in condizioni di monogenitorialità. Relativamente al rapporto fra benessere generale e modalità di applicazione dell’affido dei minori, i risultati della letteratura scientifica sono racchiusi infatti in 74 studi comparativi pubblicati su riviste a comitato di lettura o report governativi fra il 1977 e il 2014. Essi sono stati oggetto di due differenti metanalisi (tra loro distinte per le modalità d’arruolamento) che hanno paragonato l’affido materialmente condiviso e quello esclusivo. La conclusione inequivocabile è che solo tre studi su 74 hanno dato risultati negativi ed erano, a una successiva lettura, tutti gravati da seri errori metodologici[1].
Su questo punto il testo del DDL 735 prevede che “Qualora uno dei genitori ne faccia richiesta e non sussistano oggettivi elementi ostativi (NDR: fatto che elimina il rischio di una omologazione assoluta come paventato da taluni), il giudice assicura con idoneo provvedimento il diritto del minore di trascorrere tempi paritetici in ragione della metà del proprio tempo, compresi i pernottamenti, con ciascuno dei genitori. Salvo diverso accordo tra le parti, deve in ogni caso essere garantita alla prole la permanenza di non meno di 12 giorni al mese, compresi i pernottamenti, presso il padre e presso la madre, salvo comprovato e motivato pericolo di pregiudizio per la salute psico-fisica del figlio minore in caso di:
- Violenza
- Abuso sessuale
- Trascuratezza
- Indisponibilità di un genitore
- Inadeguatezza evidente degli spazi predisposti per la vita del minore”.
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Sicuramente gli estensori del testo hanno premesso (finalmente, diciamo noi!) all’elaborazione dell’articolato un’attenta analisi statistica e comparativa di quanto avvenuto nei Paesi occidentali che avevano deciso, anni prima di noi, di percorrere la strada della genitorialità condivisa. In tutti i Paesi citati – spesso senza cognizione di causa – fari della bigenitorialità, infatti, ancor oggi un affido paritetico è realizzato in un’esigua minoranza di casi (20% in Australia, 23% in Danimarca, 25% in Quebec, 30% in Belgio). Eccezione parziale è la Svezia (40%) in cui però esiste una rigida legge sulla parità uomo-donna fin dal 1974 e una legge sull’affido legalmente condiviso fin dal 1989! Le motivazioni della lentezza della progressione sono molteplici (fattori culturali, sociali, lavorativi, individuali, logistici ecc.) ma resta il fatto che –posto che l’Italia parte da una situazione più arretrata in questo settore dei Paesi citati- sarebbe stato deludente-anche perchè facilmente prevedibile- dopo magari 5 anni di nuova legge, trovare che, sì, il 20% dei minori gode della pariteticità ma che ancora il 50% vede un genitore 6 volte al mese![2]
Posto quindi che, come diceva Bertrand Russell “il magico mondo non esiste”, e per garantire la salute di tutti quei minori, la maggioranza, che per parecchio tempo ancora non godranno di un affido paritetico, molto pragmaticamente bene hanno fatto gli estensori a porre un argine alla prevedibile “caduta libera” ponendo un limite minimo di 12 pernotti analogamente a quanto richiesto dal Consiglio d’Europa (sì, lo stesso applaudito dalla sinistra italiana al momento dellìapprovazione della Convenzione di Istanbul e ora tanto inviso…) con la risoluzione 2079 ( e dalla Società Italiana di Scienze Forensi e dalla Società di Psicologia Giuridica oltre che dall’autorevole Intenational Council on Shared Parenting che raggruppa molti fra i più autorevoli esperti mondiali). I maggiori rischi per la salute si verificano infatti proprio quando si scende sotto questa soglia.
- RIVALUTAZIONE DEL MANTENIMENTO DIRETTO
Sul punto il testo recita: “Nel piano genitoriale deve essere indicata anche la misura e la modalità con cui ciascuno dei genitori provvede al mantenimento diretto dei figli, sia per le spese ordinarie che per quelle straordinarie, attribuendo a ciascuno specifici capitoli di spesa, in misura proporzionale al proprio reddito secondo quanto previsto nel piano genitoriale, considerando:- le attuali esigenze del figlio;- le risorse economiche di entrambi i genitori; – la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore”. Emerge qui subito prepotentemente l’importanza del piano genitoriale, istituzione di cui ho iniziato a parlare nel 2011 e che ha ottenuto risultati eccellenti all’estero (Olanda, Canada ecc.) ma tristemente ignorato in Italia. Esso è il mezzo che consente innanzitutto di evitare le ordinanze e le sentenze stereotipate (clamoroso lo scandalo di alcuni anni fa quando risultò che decine di tribunali anziché svolgere approfondite valutazioni si avvalevano di prestampati cui si trattava di aggiungere solo i nomi dei convenuti) e poi permette al genitore di riprendere in mano le decisioni circa la vita dei propri figli proponendo soluzioni finalmente calate nel concreto. Inoltre la definizione dei capitoli di spesa consentirà di evitare il passaggio diretto di denaro dalle tasche di un genitore all’altro, senza obbligo di rendicontazione e non di rado non commisurato alle reali esigenze del figlio (tutte situazioni che ovviamente inducono un aumento di conflittualità). L’esperienza di Paesi che attuano già forme di mantenimento diretto ci induce a sostenere fondatamente che esso è applicabile nei casi di affido materialmente condiviso ma difficilmente nei casi di affido materialmente esclusivo (tempi al di fuori del range 33-66%). A scopo puramente didattico è di aiuto illustrare l’approccio pragmatico alla separazione giudiziale dei giudici canadesi. Essi prima definiscono i tempi di coabitazione e cura presso le due figure genitoriali. Se essi. rientrano nel range 40-60% (cosa abbastanza comune da quelle parti) stabiliscono un affido condiviso, altrimenti, dato che la condivisione è scarsa secondo i loro parametri, un affido esclusivo al genitore prevalente. Se stabiliscono l’affido condiviso va da sé un mantenimento diretto senza passaggio di denaro fra le due figure genitoriali.
Peraltro il DDL 735 recita successivamente così: “Il giudice stabilisce, ove strettamente necessario e solo in via residuale, la corresponsione a carico di uno dei genitori, di un assegno periodico per un tempo determinato in favore dell’altro a titolo di contributo al mantenimento del figlio minore. Nel medesimo provvedimento deve anche indicare quali iniziative devono essere intraprese dalle parti per giungere al mantenimento diretto della prole, indicando infine i termini entro i quali la corresponsione di assegno periodico residuale verrà a cessare”. Ciò comporterà inevitabilmente un ulteriore effetto traino verso forme di affidamento materialmente condiviso di quegli affidamenti ancora connotati da caratteristiche di monogenitorialità.
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- PROMOZIONE DELLA MEDIAZIONE FAMILIARE
A questo proposito il testo propone, analogamente ai modelli di cultura anglosassone l’obbligatorietà della mediazione (prevista, con modalità diversa anche in altri Paesi quali l’Australia o la Norvegia senza che questo sia stato interpretato come violazione della Convenzione di Istanbul) nel caso siano coinvolti figli minorenni nonché l’istituzione del Consiglio nazionale dei mediatori e recita fra l’altro: “Nei procedimenti di separazione di genitori con figli minorenni il presidente verifica anche d’ufficio il rispetto delle prescrizioni di cui all’art. 706 e in caso contrario rinvia il procedimento per un termine massimo di due mesi e ordina alle parti di rivolgersi ad un mediatore familiare”. Il mediatore può appartenere al servizio pubblico (quindi sono scongiurate le preoccupazioni circa un aggravio di spese), il percorso deve avere durata massima di sei mesi ma può essere interrotto in qualunque momento (quindi anche dopo la prima seduta, cosa che fuga le preoccupazioni sollevate da qualcuno di un “blocco protratto delle operazioni”). La speranza è però che, come già avvenuto nei Paesi che hanno adottato una prassi giurisprudenziale di affido materialmente condiviso, la gente si accordi autonomamente, senza mediatore, e che comunque le percentuali di fallimento della mediazione familiare si abbassino vertiginosamente e sottraggano centinaia di migliaia di famiglie all’abisso della causa giudiziale. Attualmente in Svezia il tasso di riuscita della mediazione è arrivato a superare il 70% dei casi e, mentre il 12% dei genitori non sono d’accordo in partenza sulla distribuzione dei tempi, solo il 2% decide di affrontarsi in tribunale. Con tempi equilibrati e mantenimento diretto, infatti, si abbassano di molto i motivi del contendere, la possibilità di distruggere “l’altro” in un’aula di tribunale e quindi viene meno l’interesse a proseguire il contenzioso preferendovi una più tranquilla mediazione familiare.
- CONTRASTO ALL’ALIENAZIONE GENITORIALE
E’ questo un punto delicato che pone delle ottime premesse che potrebbero essere ulteriormente perfezionate nell’iter parlamentare. Il testo recita: “In caso di gravi inadempienze, di manipolazioni psichiche o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento, nonché in caso di astensione ingiustificata dai compiti di cura di un genitore e comunque in ogni caso ove riscontrino accuse di abusi e violenze fisiche e psicologiche evidentemente false e infondate mosse contro uno dei genitori, il giudice valuta prioritariamente una modifica dei provvedimenti di affidamento ovvero, nei casi più gravi, la decadenza della responsabilità genitoriale del responsabile ed emette le necessarie misure di ripristino, restituzione o compensazione. Il giudice può anche congiuntamente:
1) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti del minore;
2) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti dell’altro;
3) condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 600,00 euro a un massimo di 6.000,00 euro. I provvedimenti assunti dal giudice del procedimento sono impugnabili nei modi ordinari».
Viene quindi eliminato l’obsoleto istituto dell’ammonizione semplice che non è mai servito a dissuadere il genitore scorretto dal reiterare i suoi comportamenti. Inoltre più avanti l’articolato dice: “Il Giudice, nei casi di cui all’art. 342 bis, può in ogni caso disporre l’inversione della residenza abituale (ndr: è prevista l’espunzione di questa locuzione obsoleta dato che talora il minore potrebbe anche auspicabilmente non avere più una residenza abituale) del figlio minore presso l’altro genitore oppure limitare i tempi di permanenza del minore presso il genitore inadempiente, ovvero il collocamento provvisorio del minore presso apposita struttura specializzata previa redazione da parte dei Servizi Sociali o degli operatori della struttura di uno specifico programma per il pieno recupero della bigenitorialità del minore, nonché dell’indicazione del responsabile dell’attuazione di tale programma”.
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Qui si introducono altri concetti importanti, quasi rivoluzionari, quali la redazione di programmi specifici per il trattamento dell’alienazione parentale (noi preferiremmo la traduzione più corretta di “genitoriale”), la definizione di strutture specializzate (che andrebbero a sostituire gli inutili e tragici incontri in spazio neutro), l’indicazione di un responsabile. A nostro giudizio bisognerebbe dare un taglio ancor più “sanitario” alla definizione del programma ma sicuramente ci sono tempi e volontà per discutere in chiave migliorativa di questo come di altri punti che rappresentano autentici “sassi” gettati finalmente senza paura nella palude giuridica italiana
CONCLUSIONE
È inevitabile, di fronte alla novità dell’approccio, che vi siano state alcune iniziali polemiche: dapprima tra frange vetero-femministe e poi anche da parte di qualche padre separato, infine dagli operatori del conflitto (fareste fare una riforma del codice stradale dalle associazioni dei carrozzieri?). Proprio questo dovrebbe supportare la convinzione nel legislatore e nell’opinione pubblica che si tratti di una proposta che sta dalla parte giusta, quella dei minori. Matteo Renzi ha recentemente accusato i 5stelle di “avere abolito la matematica”. A mio modestissimo parere avrebbe dovuto rivolgere questa accusa a compagni di partito (quali il segretario Martina o l’assessore milanese Majorino) o ad ex militanti quali Bersani che hanno gridato all’unisono: “No all’affido paritetico, no ai bambini pacchi postali”, dimostrando ancora una volta come il fanatismo possa ottenebrare le menti e portare a sfidare le leggi della matematica: infatti, posto che non c’è nessuna base scientifica e che la stabilità affettiva vale di più di quella muraria, i bambini in affido a settimane alterne sottostanno comunque a un quarto degli spostamenti di quelli “a week end alterni con pernotto infrasettimanale” (vedi fig. 2) e se la transizione avviene a scuola la loro situazione è praticamente sovrapponibile alla situazione di una famiglia unita. Ecco un esempio di come un pregiudizio vada a scontrarsi persino con dati incontrovertibili.
Per approfondimenti:
Vezzetti V. (2016) “New approaches to divorce with children: a problem of public health”, Journal of Health Psychology Open July-December 2016: 1–13n DOI: 10.1177/2055102916678105
Vezzetti V. “European children and the divorce of their parents: a question of right to health?” Contribution to Day general discussion: Digital Media and Children’s rights. Office of High Commissioner for Human Rights, 12th september 2014-Geneva (CH)
NOTE:
[1] Solo tre studi hanno dato esito negativo ma, a successiva analisi, risultarono gravati da importanti bias: 1-tra le molte critiche allo studio Mc Intosh ci sono l’adozione di misure non standardizzate, le dimensioni estremamente ridotte –poche unità-di alcuni sottocampioni per I bimbi che pernottavano dal papà, l’alto numero di genitori (60-90%) che non avevano mai vissuto assieme o erano stati sposati. 2-Fra le critiche allo studio Tornello troviamo il fatto di avere usato una scala di misura dell’attaccamento mai usata prima e applicata dalle madri coinvolte nello studio, di avere analizzato una casistica particolare (bambini che erano nel 62% sotto la soglia di povertà, nell’85% appartenenti a minoranze etnico-razziali, in oltre il 50% con un genitore incarcerato più volte prima dei loro 5 anni d’età, per l’85% figli di genitori che non avevano mai convissuto e che nel 65% avevano avuto in giovane età plurime nascite extramaritali da più di un partner ) con motivi di disagio a prescindere dai pernottamenti (ad esempio pernottava dal padre chi aveva la madre in carcere), contraddizioni tra il testo e alcune tabelle riassuntive dei risultati che invece suffragano la positività dei pernotti presso il padre. 3-Sul vecchio studio Johnston, J.R., Kline, M. And J.M.Tschann, del1989 grava l’ombra dell’esiguità della casistica e dell’adozione di misure non standardizzate.
[2] Ad esempio in uno studio belga si osservava che a sei anni dall’approvazione della nuova legge che privilegiava l’affido paritario la domanda di affido paritetico veniva posta da meno della metà dei padri e che risultava rifiutata nel 63% dei casi dal magistrato e le principali motivazioni erano nell’ordine: giovane età della prole (ancora oggi in Belgio è arduo avere un affido paritario sotto i tre anni e sopra lo si ottiene attraverso una modulazione ed una gradualità che passano proprio dall’affido materialmente condiviso), attesa di indagine dei servizi sociali, eccessiva conflittualità genitoriale, necessità di una progressività, necessità di maggior permanenza presso l’ambiente materno, situazione logistica o lavorativa inidonea, lacune educative. Nel 37% veniva invece accolta dal magistrato con le seguenti motivazioni: assenza di condizioni ostative, bisogno di rapporti veramente equilibrati coi genitori, parere del minore di oltre 12 anni d’età, affido alternato già in atto da tempo.
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