Questo blog ha interrotto le pubblicazioni il 14/09/2020, dopo 4 anni di attività.Le sue tematiche sono ora sviluppate da una nuova piattaforma:LA FIONDAhttps://www.lafionda.com |
<
Era già capitato in passato di affrontare la tematica della propaganda femminista radicale nell’intrattenimento cinematografico. Si era notato, prendendo da Facebook una bella critica di una utente a “Gli incredibili 2” della Pixar, come essa si imperni essenzialmente sulla criminalizzazione o umiliazione o cancellazione del maschio dai “plot”, riservando tutta la ribalta a figure femminili angelicate o in ogni caso interpreti del bene. E si era notato soprattutto come questo tipo di manipolazione del messaggio si indirizzasse in modo subdolo agli adulti e, cosa ben più grave, anche ai piccini. Oggi tocca a un altro film, stavolta prettamente natalizio: “Il Grinch”. Prodotto dalla Illumination Entertainment, è tratto da un vecchio racconto dello scrittore americano Theodor Seuss Geisel (in arte “Dr. Seuss”). Un libricino grazioso e delicato, scritto in versi e in rima da un autore ai tempi (anni ’50) molto famoso anche come fumettista. Ora, ve lo preannuncio, potrebbe annoiarvi, ma mi è essenziale sintetizzarvi la trama del libro di Mr. Seuss. Solo così si può capire il resto.
Dunque il Grinch è un personaggio burbero, cresciuto con il cuore di tre taglie più piccolo, che odia il Natale. Vive in una grotta nei pressi di un villaggio, insieme soltanto al suo cane Max. Pochi giorni prima del 25 dicembre cresce in lui l’insofferenza per gli addobbi e la gioiosità del villaggio. Decide così di “rubare il Natale” ai suoi abitanti. Vedendo Max col muso pieno di neve, gli viene in mente l’idea: travestirsi da Babbo Natale e passare in tutte le case per rubare regali, addobbi e alberi natalizi. Se lui è triste per la festività, anche tutti gli altri devono esserlo. Il 24, usando l’indomito Max come renna, scende al villaggio di notte, travestito da Babbo Natale, e comincia a saccheggiare tutte le case. In una di esse incontra la piccola Cindy Chi Lou che gli chiede, pensando si tratti davvero di Babbo Natale, perché stia portando via l’albero. Preso alla sprovvista, Grinch risponde che lo porta nella sua officina per ripararlo, dà un bicchiere di latte alla piccola e la mette a letto. Con il suo carico di regali, addobbi, alberi e calze, va poi in cima a una montagna pronto a precipitare tutto nel vuoto: si attende di sentire il pianto di Cindy Chi Lou e i lamenti di tristezza di tutti gli abitanti del villaggio. Invece li sente cantare, comunque felici per un giorno speciale di per sé, non per le cose materiali. I cori fanno riflettere Grinch sul vero significato del Natale, il suo cuore torna normale e decide non precipitare la slitta e riportare tutto agli abitanti del villaggio. Che lo accolgono festanti e lo invitano a stare con loro a pranzo a godersi la festosità generale.
Una favola tra le tante, insomma, graziosa, didascalica, pulita. Il film della Illimination Entertainment però aggiunge alcune cose all’intreccio del Dr. Seuss. Grinch diventa anche un inventore di marchingegni strani, utili ad aggiungere una garbata comicità, anche attraverso animazioni meravigliose. Per allungare la storia, che altrimenti sarebbe stata troppo breve per un lungometraggio, si aggiunge un’avventura tragicomica alla ricerca di qualcuno che tiri la slitta del Grinch-Babbo Natale. Entrano allora in scena una renna sovrappeso e una capretta isterica, che dopo un po’ di gag spariscono (torneranno solo alla fine del film), consentendo all’intreccio di tornare sulla linea di Seuss, laddove il ruolo della renna tocca al piccolo e fedele cane Max. Tutte aggiunte di contorno, che possono starci, non contengono in sé significati ulteriori a parte essere i pretesti di un allungamento o arricchimento narrativo. Diverso è il discorso sull’altra grande deviazione dalla storia di Seuss.
Ti piace questo articolo? Supporta questo blog con una donazione. Grazie!
Nel testo infatti non si fa cenno ai genitori della piccola Cindy Chi Lou. Non ce n’è bisogno: lei da sola incarna il senso infantile del Natale. La scelta di una femminuccia al posto di un maschio è del tutto irrilevante in questo senso, come irrilevanti sarebbero stati per Seuss i genitori come personaggi da inserire nell’intreccio. Nel film invece ci sono. O meglio: c’è. Naturalmente è la madre, e solo lei. E anche gli amici di Cindy hanno solo madri: sono voci femminili che a una certa ora li richiamano a casa. Che fine abbia fatto il papà di Cindy non si sa, non ci si pone minimamente il problema. Nella mia deviazione mentale è la prima domanda che mi sono fatto, guardando il film. Addirittura quando alla fine Grinch va a cena a casa di Cindy ho immaginato che si sarebbe fidanzato con la mamma (romanticone che sono…). Invece no. Non c’è figura maschile che possa o debba essere legittimata in qualche modo. L’idea di un uomo all’interno di una famiglia, che per altro conta anche due gemelli piccoli (maschi, stupidi e rompipalle per altro) oltre a Cindy, appare fuori dal novero delle possibilità.
Questo sarebbe niente se non fosse che il film si sofferma ossessivamente sul ruolo della madre di Cindy. Prima rappresentandola come una donna che fa tutto, che se la cava da sola sacrificandosi oltremodo. Va a lavorare presto, torna tardi, accudisce i figli, cura la casa, si occupa dei preparativi per il Natale. Indaffaratissima, ha un momento di sconforto, che però si forza di nascondere alla figlia, che pure nota qualcosa. Tanto da farsene un cruccio: “la mamma fa tutto, avrebbe bisogno di aiuto, è sempre stanchissima”, dice. L’unica soluzione è aspettare Babbo Natale, cercare di parlargli a tu per tu e chiedergli come regalo di fare in modo che la mamma sia meno sotto pressione. Per riuscirci, Cindy prepara delle trappole in salotto, ed è così che incontra il Grinch-Babbo Natale mentre le saccheggia la casa. Solo lì si torna alla versione di Seuss e al furto dell’albero giustificato dalla sua riparazione. Significativo dal punto di vista simbolico è che alla fine della scena è la piccola a dare un bicchiere di latte a Grinch e non viceversa. Al termine del film, Grinch metterà a disposizione la sua inventiva e i suoi marchingegni per consentire alla madre di vivere una vita più tranquilla. E così, mentre braccia meccaniche lavano i piatti, la donna viene rappresentata con un drink in mano.
Ebbene, tra le tante integrazioni che si potevano fare su una breve storia originale, molte erano giustificabili e in linea con un carattere meramente intrattenitivo della pellicola. Ovvero non tali da nascondere un messaggio ideologico. Al contrario, l’inserimento come co-protagonista, anzi come elemento-chiave della narrazione, della madre tuttofare, single e stanca, ma buona di una bontà sublime, che la piccola eredita, tanto da essere loro insieme a redimere il cattivo (maschio) Grinch, non ha alcuna giustificazione. Non allunga l’intreccio (come nel caso dell’inserto della renna obesa), non inserisce gag divertenti (come per i marchingegni di Grinch), semplicemente modifica il messaggio implicito nella narrazione, dando una rappresentazione della realtà unilaterale, dove il bene è donna e il male è uomo. Il messaggio più gradito da una minoranza imperante, che spera così di indottrinare la maggioranza rendendo “normale” la sua versione fasulla della realtà. Una versione dove l’uomo o è il male in quanto cattivo (Grinch), oppure è una nullità, è irrilevante, in quanto assente. In questo senso la versione cinematografica riesce a stuprare l’originale di Seuss non solo in termini formali ma anche sostanziali, trasformando un piccolo e poetico omaggio al Natale e ai bambini in uno strumento di mistificazione. Roba politicamente corretta, si dirà, ma quella è una definizione di comodo che non accetto più. La diffusione di queste pratiche manipolatorie è talmente ampia, capillare e sottile che ormai occorre parlare di politicamente corrotta. Un procedimento già infame di suo, ma che diventa intollerabile quando il bersaglio diventano le nuove generazioni, i bambini, il futuro. Davvero viene da chiedersi quale avvenire di questo passo questi (cattivi) maestri della propaganda stiano pensando per gli adulti di domani. E mentre rabbrividisco a immaginarlo, non posso che inserire a pieno titolo il film “Il Grinch” nell’Album di Goebbels.
P.S.: nell’ultimo week end ho fatto una scorpacciata di film nuovi o recenti, tutti uniti da un unico ossessivo filo rosso: l’uomo/padre è sempre assente, e quando c’è è sempre cattivo, criminale, oppressivo, violento. Segnalo: Mateo, La casa delle bambole, La Yuma.
Leave a Reply