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E’ un momento durissimo per chiunque abbia la ventura in Italia di essere di sesso maschile. Mettendo in fila un po’ di eventi, in parte notiziati anche da questo blog, è facile concludere che questo non è un paese per uomini. Proprio da queste pagine è partita la danza macabra che sta investendo la popolazione maschile, con la notizia della sentenza punitiva inflitta ai 118 sottoscrittori della causa contro la Regione Lazio per alcuni manifesti sessisti e oltraggiosi esposti per pubblicizzare il 1522. La giudice che ha rigettato il ricorso ha sostanzialmente negato che quel messaggio contenesse stereotipi o disparità di genere o messaggi sessisti. E che anzi il problema era negli occhi di chi si sentiva offeso da quel messaggio. Una “idiosincrasia”, così l’ha chiamata, da rieducare attraverso spese di soccombenza folli: 11.500 euro, che ora i ricorrenti dovranno cercare di pagare. Molti di loro sono padri immiseriti dalla separazione, dunque annuncio già una sottoscrizione per coprire le loro quote: chiunque voglia, può versare 100 euro all’IBAN IT12D0617501410000001392680 intestato a Davide Stasi, causale: contributo di solidarietà. Noi non godiamo di fondi pubblici, dunque serve aiutarci tra di noi. Conto sulla vostra generosità.
Ma non è finita qui. Il giorno dopo si scopre qualcosa di più dell’organizzazione “Non Una di Meno”. L’ascolto diretto dei loro contenuti, durante una loro assemblea, svela che non c’è alcun interesse a promuovere pari opportunità, a lottare nell’interesse delle donne contro gli omicidi o la violenza (sebbene in Italia siano fenomeni minimali). L’unico interesse è dividere, polarizzare, estremizzare le posizioni, per approfittare cinicamente dello stato di tensione e ampliarsi come organizzazione. Con l’obiettivo non nascosto di diventare una vera e propria lobby, quando non un soggetto politico. Nulla di male, dice qualcuno, appellandosi alla machiavellica descrizione dei percorsi che portano al potere. Eppure qualcosa di male c’è: sussiste una differenza radicale tra movimenti che si battono per il rispetto, la legalità, i diritti e movimenti che cercano solo di acquisire il potere. E’ indubbio che i primi siano molto meno pericolosi dei secondi per l’intera comunità. In generale è accettabile che un’organizzazione usi machiavellicamente tutte le armi, anche le peggiori, per ottenere il potere. Eticamente no. Ed è questa la grande distinzione che contrappone oggi le persone per bene, uomini in primis, a un’organizzazione femminile con un potenziale devastante per la società.
Segue la notizia della condanna del Senatore Pillon, il più odiato dalle femministe, per aver diffamato l’associazione Arcigay Omphalos. Quest’ultima si dice impegnata a combattere il bullismo omofobo nelle scuole, mentre il Senatore ha pubblicamente giudicato quell’attività un tentativo di indottrinare i giovani alunni alla filosofia gender. Un accostamento che non è piaciuto all’Arcigay, cui il giudice ha dato ragione, comminando al Senatore della Lega la pena di un risarcimento di 30 mila euro. Ricorrerà in Appello, Pillon: “difendere le famiglie dall’indottrinamento costa caro. […] Certo è che se difendere le famiglie che non vogliono che i loro figli siano indottrinati con il gender porta a queste conseguenze, penso ci sia un problema serio di libertà d’opinione nel nostro Paese”. Sotto questo profilo, quella della libertà d’opinione, la sua condanna fa il paio con il rigetto del ricorso contro i manifesti sessisti della Regione Lazio. In effetti pare proprio che la libertà d’opinione viga solo quando si esprime una certa opinione e quando sono determinati soggetti ad esprimerla. Se non si rientra nei giusti requisiti, ovvero se si difendono gli uomini o la famiglia tradizionale, si finisce condannati.
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Più o meno nello stesso momento i giudici del Riesame di Catania decidono di lasciare in carcere i tre ragazzi accusati di aver violentato in gruppo un’americana, sebbene le contraddizioni nella ricostruzione di lei siano moltissime e le indagini svolte abbiano raccolto elementi concreti che lasciano supporre una sua piena partecipazione all’avventura sessuale con i tre ragazzi. In dubio pro reo, diceva un vecchio, ed evidentemente ormai superato principio del diritto. E di dubbi in questo caso ce ne sono moltissimi. Eppure i giudici hanno deciso di tenere i giovani al gabbio. Perché? L’ipotesi più angosciante è che non vogliano proteste in casa né finire sbertucciati sui giornali, com’è invece capitato ai loro colleghi di Napoli per le scarcerazioni relative al non-stupro della Circumvesuviana. E così tre fessacchiotti che si sono lasciati incastrare da un’americana forse in vena di avventure hard, ma forse poi desiderosa di tornare in patria “pulita”, restano in prigione e si faranno anni di trafila carceraria prima della probabile futura assoluzione. Un trattamento riservato solo al sesso maschile sotto accusa, in questa temperie oscura e angosciante di caccia feroce all’uomo in quanto tale.
Ultimo, ma non per importanza, l’accorato appello di William Pezzulo. La sua storia è nota: vittima di un’aggressione con l’acido della sua ex Elena Perotti, finisce invalido al 100% (sebbene i giornali lo definiscano solo “sfigurato”). Lei viene processata per lesioni e non per tentato omicidio. Si becca otto anni e non ne sconta manco mezzo. Deve pagare alla vittima più di un milione di euro di danni, ma essendo nullatenente, nisba. William è abbandonato da tutti, istituzioni in primis, mentre sue quasi compagne di sventura come Lucia Annibali o Gessica Notaro vengono insignite di onorificenze dal Presidente della Repubblica, vedono i loro aggressori marcire in carcere, sono state risarcite e si riciclano nella politica o nello spettacolo. Anche perché loro sì sono state solamente sfigurate, per il resto sono abili al “lavoro”. William no: quel poco che hanno, lui e la sua famiglia, viene speso per i numerosissimi interventi chirurgici per ridargli un minimo di qualità della vita. Soldi per pagare gli avvocati non ce ne sono. Oltre ai tanti danni e alle tante beffe, ecco dunque l’ennesimo danno e l’ennesima beffa in aggiunta: William e la sua famiglia rischiano il pignoramento dei beni. Nessuno fa niente e William chiede aiuto. E io non posso fare a meno di rilanciare il suo appello.
Per lui, come per i ricorrenti contro la Regione Lazio massacrati da un giudice che gli ha applicato contro i massimali dei massimali, non ci sono soldi pubblici a pioggia come per i centri antiviolenza o le organizzazioni estremiste tipo “Non Una di Meno”. Per loro non ci sono sentenze favorevoli come per l’Arcigay Omphalos che drenano 30 mila euro a un Senatore colpevole di aver esposto le proprie idee. In questo paese tutto ciò che sa di maschile viene condannato e preso per la gola dal lato economico. Una strategia calcolata per eliminare il lato maschile dal panorama sociale nazionale, lasciando spazio all’estremismo cinico e invasato di gruppuscoli esplicitamente sovversivi. Gli unici modi che gli uomini, ma anche le donne per bene, hanno per difendersi sono due: organizzarsi in un’entità unitaria che li rappresenti e li coordini, e fare qualche sacrificio aprendo il portafogli per mettere in comune un po’ di risorse. Mentre sul primo versante qualcosa si sta muovendo, sull’ultimo, quello della contribuzione, non posso far altro che esortare i miei lettori e tutti coloro che hanno a cuore la tenuta del tessuto civile e della giustizia, di mettere in comune ognuno ciò che può. Chi non lo farà sarà di fatto complice del male che accade oggi e del peggio che avverrà nel futuro.
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