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Lo ammetto: ho fatto letteralmente i salti di gioia quando ho visto che il Sole24Ore aveva pubblicato dei dati statistici sulla violenza sulle donne. Ero felice perché i numeri non mentono mai. A mentire, se mai, sono spesso coloro che li illustrano, e io non sono tra quelli. Dunque speravo in una nuova occasione per chiarire bene bene quanto fasulla sia la versione dei fatti che viene spacciata sui media rispetto alla violenza sulle donne. Sono quindi corso a divorare l’articolo. L’ho letto con estrema attenzione tre volte, prima di consentire ai miei testicoli di rotolare sotto il tavolo. Ci sono dati falsi? No no. Manipolati? Nemmeno. Raccontati in modo mistificante? Ovvio che sì, ma quella è la norma. E allora perché dopo la lettura ho perso mezza giornata a cercare i miei coglioni caduti e rotolati chissà dove?
Perché siamo davanti davvero alla una delle più maldestre azioni di bieca propaganda mediatica mai messe in atto dalla nostra informazione nazionale. Più leggevo quelle righe e quei dati, infatti, più mi pareva di vivere un dejà-vu. Ho controllato, pregando di sbagliarmi. Non per altro: per la dignità dell’informazione italiana. Invece no, non mi sbagliavo. L’articolo in questione, pubblicato il 10 marzo 2019 sul sito del quotidiano economico, è una perfetta copia conforme di un altro articolo apparso sempre sulla stessa testata, a firma Cristina Da Rold, il 28 luglio 2018. Ossia più di sette mesi fa. Una discarica di informazione faziosa che già ai tempi avevo ampiamente sbugiardato (la povera Da Rold si era pure offesa…). Ora la domanda, a cui è facilissimo rispondere in realtà, è: perché ricicciare con un ridicolo copia-incolla un articolo di sette mesi fa?
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Perché serve. Serve a molti scopi. Il primo è puramente propagandistico: ripetere la bugia (o la mistificazione, il che è uguale) serve a imporla come verità. L’ha teorizzato Joseph Goebbels e i suoi figliocci di oggi non hanno dimenticato la lezione. Occorre che la tensione resti alta, che la percezione di costante pericolo per le donne non ceda alla verità dei fatti, a rischio di mettere in dubbio business e interessi politici legati all’antiviolenza. E dunque: dagli con i soliti dati, esposti male e spiegati peggio. Ma serve anche a far dimenticare i dati più recenti, quelli che il femminismo militante proprio non è riuscito a digerire: il Ministero dell’Interno prima e la Polizia di Stato poi, tra l’agosto e il novembre 2018 hanno accertato che tutti i reati violenti contro le donne sono calati in modo significativo e che i cosiddetti “femminicidi” sono stati nientemeno che 32. Quelli “propriamente detti”, ha affermato la Polizia, mentre tutti gli altri sono “impropriamente detti”. A conferma che l’Italia è uno dei paesi più sicuri al mondo per le donne. Un affronto che Ro$a No$tra si è legato al dito.
Per cancellare la memoria di fatti incontrovertibili, dunque, viene bene muovere le pedine servili dell’informazione. Al richiamo rispondono subito mettendosi sull’attenti prima L’Espresso e ora il Sole24Ore, sperando che nessuno si accorga delle loro mistificazioni e soprattutto senza timore di rendersi più ridicoli che mai. Ma non sono soltanto i media a battere i tacchi e rispondere jawohl! ai diktat delle vagine armate. Anche la politica si adegua, come sempre. E così insieme al riciclo di un articolaccio falsificante di sette mesi fa, il Sole24Ore mette a disposizione una rivistina da sfogliare online, piena di chiacchiere sul nulla elaborate da portatori d’interesse o da loro rappresentanti. Non a caso l’introduzione è scritta da Mr. LGBT Vincenzo Spadafora, incidentalmente (e ahimè che incidente…) Sottosegretario alle (im)Pari Opportunità. Tutto torna, dunque, in uno scenario di ruffiani che marciano lingua a terra lungo il percorso segnato da Ro$a No$tra e dai soldini pubblici che questa è capace di drenare, anche grazie alla sua propaganda.
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Contestuale al riciclo della propria spazzatura da parte del Sole24Ore è un patetico video mandato in rete da FanPage (non cercatelo, non regalategli click), dove alcuni uomini e donne vengono messi su una pista da corsa e avanzano o indietreggiano a seconda di alcune domande miratissime da parte dello starter, il tutto per dimostrare quanto sono svantaggiate le donne. Me l’hanno segnalato in molti, chiedendomi di farci sopra il solito debunking. Ma davvero è necessario farlo? E’ palese l’intento manipolatorio del video, è quasi sfacciato. Sappiamo tutti che proponendo un set di domande più equilibrato e meno settario si avrebbe un nastro di partenza con un paio di donne e di uomini davanti agli altri, un altro paio indietro agli altri e un gruppone infognato, bloccato e inchiodato nella stessa posizione.
Perché diffondere bugie, sollecitare competizione e conflitto tra generi, promuovere con la menzogna un’ineguale distribuzione di vantaggi, privilegi, penalità e demonizzazioni, alla fine ha un solo risultato: la comunità di uomini e donne, che dovrebbe marciare assieme verso il futuro, resta paralizzata lì dov’è, divisa in una lotta settaria sterile e dannosa. E su quella divisione alcuni imperano e mangiano a sazietà. Almeno fin tanto che la maggioranza silenziosa non si deciderà a parlare e ad agire, segregando queste malevoli, voraci e feroci minoranze estremiste, insieme ai loro guitti nei media e nella politica, nella remota riserva che meritano. Piantonati a vista da guardiani della giustizia, dell’equità, della libertà e della democrazia.
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