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Lo so che “chi si loda s’imbroda”, ma credo che uno degli elementi di punta di questo blog sia la pagina “Il conteggio infame“. Molti la fraitendono, pensano che io voglia dimostrare che le donne sono più violente degli uomini. Non è così: non sono mai sceso e mai scenderò sul campo della miserabile gara a chi fa peggio. Ne faccio invece una questione di misurazione dei fenomeni: assumendo un approccio sociologico e politologico, mi chiedo cosa accada più di frequente. Perché è sulla frequenza (e sulla gravità) dei fenomeni che si dovrebbero decidere le politiche o le priorità nella comunicazione. In questo senso “Il conteggio infame” dimostra che un fenomeno molto grave che accade con grande frequenza viene sottostimato rispetto a un altro gravissimo che avviene con frequenza molto più bassa, come ad esempio il “femminicidio”.
Di quest’ultimo sono pieni giornali e telegiornali, delle violenze sulle donne si parla ovunque, con manifesti, centri antiviolenza, iniziative di legge ed enormi giri di soldi pubblici. Al contrario delle violenze su minori e anziani si parla poco, sempre en passant, fondi per contenerle non ce ne sono e una micro legge che renda obbligatorie le telecamere negli asili e nelle case di riposo non si riesce a farla passare, nonostante le promesse elettorali. Vi si oppongono i sindacati, perché significherebbe controllare i lavoratori (???), e quel morto vivente che è la sinistra italiana va a ruota, ci mancherebbe. E’ così che il “codice rosso” della Bongiorno trova autostrade libere davanti a sé, mentre la cronaca ci restituisce continui casi di bambini o anziani maltrattati. Qual è il problema alla base di questo doppio trattamento? A conti fatti pare che sia il genere che si macchia dell’uno o dell’altro misfatto: fin tanto che è l’uomo a commetterlo, allora batte la grancassa e suonano i tromboni; quando invece c’è di mezzo una donna, meglio parlarne poco e a bassa voce. Se una cosa dimostra “Il conteggio infame” è l’indecoroso sessismo di questo sistema.
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Di recente su questo tema però si è andati decisamente oltre. Non riuscendo il Parlamento a legiferare su questo tema, ci provano direttamente i comuni. Capita così che a Novara la maggioranza di centro destra, su proposta di Fratelli d’Italia e Lega, depositi in Consiglio Comunale una mozione che vincola il Presidente del Consiglio stesso a “farsi portavoce delle istanze presso il governo regionale affinché si attivi per favorire, anche attraverso l’erogazione di contributi, installazione di sistemi di videosorveglianza a circuito chiuso nei nidi, nelle scuole d’infanzia pubbliche e paritarie, e negli istituti per anziani e disabili operanti sul territorio regionale, con lo scopo di migliorare i livelli di sicurezza e qualità nell’erogazione dei servizi offerti e di prevenire abusi e maltrattamenti”. E si provi a non essere d’accordo con questa mozione, dopo aver dato una scorsa a “Il conteggio infame“…
Eppure qualcuno ha la faccia di legno di opporsi. E’ Stefano Zanzola, consigliere comunale in quota PD nonché Sindaco di San Nazzaro Sesia. Contesta la mozione sostenendo che anche gli operatori (leggasi “operatrici”) degli asili e degli istituti per anziani sono vittime a causa del sovraccarico di lavoro, lo stress che vi è correlato e la mancanza di formazione. Non pensa, il consigliere, che a ogni mestiere è correlata una certa quota di stress, e che se uno non ha le risorse per sopportarlo, non sceglie quel lavoro. O, se lo sceglie, si addestra al meglio per svolgerlo. Potrebbe chiederlo a qualche minatore, a qualche lavoratore marittimo, a qualche “stradino”. Ma non lo chiederà, forse perché sono tutti lavori maschili. Naturalmente Zanzola riceve in risposta alla sua contestazione una doverosa gragnuola di critiche miste a pernacchie, ed è il minimo. E lo è non solo perché la sua difesa corporativa dei “lavoratori” è patetica e vergognosa, se comparata con le immagini che ogni mese Carabinieri e Polizia registrano negli asili e nelle case di riposo.
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La gravità di quanto accaduto a Novara sta più nel profondo. Sta in un’impostazione ideologica portata istintivamente ai due pesi e due misure in un’ottica sessista. Si provi per un attimo a contestualizzare il caso di un “femminicida” definendolo magari vittima dei soprusi o delle angherie o delle umiliazioni della moglie; si provi a cercare comprensione per l’uomo che maltratta l’ex moglie in protesta contro le sue pratiche alienanti sui figli; si provi a dare un inquadramento razionale all’uomo che diventa stalker perché insiste con la ex al telefono per parlare coi figli. Si otterrà di avere contro proprio quell’armata brancaleone più o meno “di sinistra”, a partire da esponenti del PD, che urlerà in faccia l’irricevibilità di ogni scusante, attenuante o strumento di comprensione dei fatti. Se è l’uomo al centro del bersaglio, bisogna colpire alla testa, senza se e senza ma. Anche se compie molto molto raramente gravi misfatti. Se invece il biasimo deve andare su una donna che compie un’enormità di misfatti, solo di poco meno gravi, allora ci sta che si inverta addirittura il ruolo vittima e carnefice. Stiamo pronti prima o poi a sentirli dire che gli schiaffoni, le urla, le umiliazioni, le violenze fisiche e psicologiche, bimbi e vecchietti se li sono non solo cercati, ma addirittura meritati. E poi si stupiscono di perdere voti.
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