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Ieri si è tenuta a Milano un’assemblea di “Non una di meno”, cui hanno assistito alcune persone di mia fiducia. Ciò che colpisce è la loro organizzazione e la strategia molto chiara. Sono organizzate in comitati locali, congressi nazionali e gruppi transnazionali (Svizzera, Spagna, Portogallo), con un particolare riguardo verso le “sorelle” spagnole. Fanno un’analisi su ogni evento passato e si organizzano per quelli futuri secondo una prospettiva chiara, basata su una ricerca calcolata della conflittualità, con lo scopo di polarizzare le opinioni e portare sempre più attiviste nel loro gruppo. Stanno pensando al momento a come coinvolgere donne immigrate, promettendo di battersi per il loro diritto di voto, o donne di fasce sociali deboli perché sono “un’energia potenziale non espressa”. Il loro obiettivo dichiarato è far crescere l’organizzazione e diventare un policy maker, se non forse un soggetto politico. Dicono chiaramente che la questione Pillon è solo strumentale a ottenere una radicale polarizzazione delle idee, fondamentale per il perseguimento dei loro obiettivi. Non emerge insomma alcun interesse sui figli o sulle madri. L’intento appare puramente politico: crescere come gruppo e acquisire rilevanza. Il loro fanatismo in questo senso appare più una posa che altro: sono lucide e ben organizzate anche con donne di grande esperienza che le guidano.
Nel corso dell’Assemblea hanno calendarizzato la loro presenza in diversi eventi, specie dove è previsto esserci il Senatore Pillon, con strumenti per fare rumore e gestualità condivise per coordinarsi. Hanno un ufficio stampa ufficiale, godono della garanzia di uscite in prima pagina con articoli o servizi già preparati, secondo una strategia comunicativa molto chiara. Parlano esplicitamente della necessità di un “salto quantico”, da ottenere con la polarizzazione delle posizioni e il conflitto. Quella di Verona viene giudicata un’esperienza ottima di pratica del conflitto: il nemico era chiaro, evidente e la manifestazione è stata un’opposizione verso un idea opposta. Che la spinta sia sulla conflittualità aperta non viene nascosto: anche le attività di condivisione e mutuo soccorso vengono dichiarate inutili se non associate alla pratica del conflitto. Registrato direttamente: “non spacchiamo se non dividiamo”. E in questo senso il rapporto coi media è fondamentale. Ancora registrato: “alzare il conflitto buca nei media”.
Tutte cose già note e già previste per chi legge queste pagine, anche senza imbucarsi in una loro assemblea. Appare evidente a tutti l’assoluta pericolosità di questo movimento, per la pace sociale, per tutti.
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