Ieri, nel giubilo colpevole di moltissimi politici e mass media, è stato approvato il “Codice Rosso”. Un sistema di emergenza in assenza di emergenza. I numeri, quelli veri, parlano chiaro: il fenomeno della violenza sulle donne è tra il minimale e il fisiologico nel nostro paese. Altri fenomeni sono ben oltre la tragicità. Tuttavia il codice che si concepisce è quello della legge fortemente voluta da “Doppia Difesa” in veste ministeriale (Giulia Bongiorno) con il Ministro della Giustizia correo e una soubrette in declino a fare réclame dall’esterno (Michelle Huntziker). Ma la cosa più grave di tutte, costantemente presente durante tutto l’iter di elaborazione e discussione della norma, è il possibilismo di gran parte del fronte maschile. Evidentemente costituito da beoti che si bevono le versioni manipolate dei media e non leggono i testi di legge. Dice: “beh, dai, in questo modo le false accuse verranno fuori prima”. O ancora: “beh, dai, non si può fare una legge solo per un genere, quindi anche gli uomini maltrattati la useranno”.
E’ una pia illusione. Per capirlo occorre ragionare su tre livelli. Il primo, il più immediato, è quello della comunicazione. Per quanto non esplicitamente riservato alle sole donne, il “Codice Rosso” viene trasmesso all’opinione pubblica come una “legge per le donne”. Dell’opinione pubblica fanno parte anche le forze dell’ordine, gli avvocati, i giudici, già in gran parte ammaestrati come scimmiette dai corsi di formazione pagati dallo Stato e tenuti dai centri antiviolenza. E’ ovvio che sulla carta il “Codice Rosso” sia per entrambi i sessi, ma nella pratica verrà applicato come il 612 bis: se è una donna a denunciare per stalking, la reazione è istantanea; se è un uomo, prima passano risate e dileggi, poi rinvii, poi forse la denuncia va avanti, per essere archiviata poco dopo da un giudice. Le false accuse non faranno eccezione: semplicemente andranno a bersaglio con più rapidità. Seguiranno la massima dettata oggi al Senato dalla maggiore portavoce del femminismo tossico italiano, Valeria Fedeli: “Quando una donna denuncia violenza va rispettata, creduta, tutelata! Non esiste contrasto a questo fenomeno che non passi da questo presupposto”.
Al secondo livello si trova il merito, ossia il contenuto della legge detta “Codice Rosso”. Mentre i mammalucchi, molti dei quali uomini, applaudono sostenendo che l’iniziativa non è poi così male, passa la regola per cui da domani l’uomo denunciato che non lasci il tetto coniugale immediatamente rischia da 6 a 3 anni di reclusione (pena aumentata grazie all’On. Lucia Annibali). E sarà una festa per le tante che in questo modo non dovranno più faticare per togliersi l’ex di casa. Non solo: il reato di maltrattamenti, come già quello di stalking, da ieri è parte del Codice Antimafia. Esagerato? Sì, ma così la confisca dei beni del denunciato (anche prima della sentenza) sarà semplicissima. E poi lo Stato che se ne fa dei pochi beni di un uomo in fase di separazione e falsamente denunciato? Bah, li darà a un centro antiviolenza o alla ex moglie “maltrattata”. Non solo: le attenuanti non saranno più prevalenti sulle aggravanti per i reati di maltrattamenti, stupro e stalking, grazie alla PD Alessia Morani. Infine sarà punito l’attacco con acido, ma solo se al viso, cioè solo se rovina la bellezza, valore tipicamente femminile. Se ti ci fanno il bagno e ti rendono disabile, come è capitato a William Pezzulo, allora no, non è reato. Dite, mammalucchi, c’è davvero da essere accondiscendenti con il “Codice Rosso”?
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Se siete ancora convinti di sì, passiamo al terzo livello, il più profondo e spostiamoci su un altro codice, quello della strada. Che c’entra? C’entra eccome. Nella sua nuova formulazione, che andrà al voto in autunno, contiene un articolo (nuovi commi 4 e seguenti dell’art.23) che vieterà “l’esposizione di messaggi sessisti, violenti o stereotipi di genere offensivi” o ancora “discriminatori rispetto all’orientamento sessuale, all’identità di genere”. In sostanza riprende paro paro il regolamento delle affissioni del Comune di Roma. Sì, quello che, come abbiamo verificato sulla nostra pelle, vieta attacchi, denigrazioni e discriminazioni a danno di chiunque, tranne che degli uomini. E che se uno prova a ottenere giustizia, gli fanno pelo e contropelo. Con una norma del genere non solo non avranno più spazio i (legittimissimi) manifesti “pro vita”, ad esempio (e già questo, comunque la si pensi, è una lesione potentissima alla libertà di espressione), ma di contro potranno affiggersi manifesti che criminalizzano e demonizzano gli uomini, senza avere alcun problema. E se a qualcuno venisse in mente di affiggere un manifesto con i numeri delle donne che maltrattano e uccidono bambini… be’, non potrebbe.
Questo terzo livello è in assoluto il più emblematico, perché si coniuga con tutta una serie di altre disposizioni mandate avanti negli ultimi tempi. Il “Codice Rosso” aumenta le pene per tutti i crimini tipicamente denunciati dalle donne a danno degli uomini, ma che finiscono in archiviazione/assoluzione nel 90% dei casi: chi finirà stritolato nel sistema sarà in guai ancora più grossi, e chi no si potrà trovare comunque tutto confiscato grazie al Codice Antimafia. A questo si associno le nuove norme del codice della strada sulla comunicazione pubblicitaria e a quella recente sulle circolari della Pubblica Amministrazione. E ancora si paragoni la rapidità di approvazione del “Codice Rosso” per un’emergenza che non c’è, con le pastoie in cui è finita impantanata la proposta di riforma di separazioni e affidi. Si aggiunga la montagna retorica e fasulla sul femminicidio, con tanto di rapidissima apertura della relativa commissione parlamentare, nonostante i numeri irrilevanti del fenomeno, mentre quella sugli affidi, nonostante i fatti della Val D’Enza, rimane un furbesco bla-bla di qualche forza politica.
Insomma la frittata è fatta. Questo Parlamento e questo Governo si stanno rivelando addirittura più rovinosi di quello precedente e di segno opposto nel fare a pezzi le relazioni tra i due sessi sollecitandone la conflittualità, nell’aumentare i privilegi per l’uno e la criminalizzazione dell’altro, nel tentare di devastare l’immagine maschile e l’istituto della famiglia. Ma d’altra parte la presenza di Bongiorno e Spadafora nell’esecutivo era già un segnale chiaro in questo senso e chi si era illuso era, diciamolo apertamente, un povero fesso. L’intero ordinamento legislativo e amministrativo è stato ormai impostato in questo modo, mentre i tribunali sono infettati sia dall’ideologia femminista, sia dalla propaganda dei portatori d’interesse, e insieme a loro anche le forze dell’ordine. I miti più infondati a corredo di questa impostazione (il divario salariale, la violenza dilagante, l’ossessione del sessismo ovunque) sono intanto ampiamente diffusi dai media e dall’industria dell’entertainment.
In sostanza è chiaro che gli uomini sono sotto assedio. E non solo loro: tutte le persone di buon senso, desiderose di equilibrio, equità e giustizia lo sono, e presto o tardi ne sentiranno gli effetti direttamente. Basti pensare a Luigi Tarascio, uomo e padre tradito e annientato da una donna perfettamente nel target dello scenario prospettato da queste leggi: tra i like di Luigi su Facebook ce n’era uno dedicato alla pagina “Resistenza femminista”. E’ stata proprio quella resistenza e il clima che crea a fargli decidere di farla finita, dopo aver assaggiato le delizie dell’emancipazione femminile in salsa “Non Una di Meno”. Chi già ora cerca di rompere l’assedio è un manipolo di coraggiosi che hanno compreso il gioco. Gli altri ancora devono capirlo. C’è solo da sperare che al momento dell’illuminazione non si uccidano più, ma si uniscano a uno sforzo comune, fatto da uomini e donne insieme, per cercare di rimettere insieme i cocci di una convivenza normale, dopo che un’accolita di pazzi e pazze è passata come uno tsunami distruggendo praticamente tutto.
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