di Giuseppe Augello – Il 17 Gennaio 2019, era prevista una riunione dell’assemblea capitolina, il cui Ordine del giorno era disponibile in rete e nel sito istituzionale del Comune di Roma. L’ ordine dei lavori per la seduta del giorno prevedeva vari punti riguardanti illuminazione pubblica, disagi agli esercizi commerciali, toponomastica e tutto ciò che può essere nella normale attività di un consiglio comunale. Ad un certo punto dell’ordine del giorno esce fuori una mozione, la n. 267/2018: “Impegno per la Sindaca affinché esprima la contrarietà dell’Assemblea Capitolina alla approvazione della proposta di Legge 735-XVIII Legislatura concernente: Norme in materia di affido condiviso mantenimento diretto e garanzia di bigenitorialità (cd. DDL Pillon)“. La mozione è a firma dei Consiglieri: Tempesta, Zannola, Baglio, Piccolo e Pelonzi, tutti del PD, tre di sesso femminile e due di sesso maschile.
Ora, l’assemblea è composta da 48 consiglieri; l’Ufficio di Presidenza è formato dal Presidente dell’Assemblea Capitolina, da due Vicepresidenti e da due Consiglieri Segretari. Dopodichè si enumerano 28 consiglieri del M5s, 8 del PD, 1 di “Sinistra per Roma”, 3 di Fratelli d’Italia, 2 di “Con Giorgia Meloni sindaco”, 1 di Forza Italia, 4 di altre liste. Quindi un’assemblea tutta M5s-Sinistra in perfetta sintonia, con l’occhiolino sempre strizzato e il tentativo svolto in primis da M5s di formare un governo nazionale col PD. Vecchia politica del pane in due forni. La mozione rischiava seriamente di essere approvata “…perché ci siamo consigliati con la deputata Spadoni”, ha spiegato la consigliera Valentina Vivarelli M5s, “e ha confermato le criticità sollevate rispetto ai casi di separazioni in particolare in ambito di violenze familiari”. Frase del tutto vuota di significato ma solo per gli elettori più gonzi. Tuttavia non se ne trova traccia nella seduta. Forse è passata alla chetichella, ben celata tra tante altre che si occupano dei problemi del territorio comunale.
Sui social si sparge la notizia. Molti propongono un intervento di salvataggio in extremis. Quale? Chiedere un incontro con i firmatari della mozione per presentare le problematiche separative dal punto di vista della bigenitorialità, portare alla ragionevolezza tali consiglieri, pregarli di ritirare la mozione. In soldoni i padri sono disperatamente alla ricerca di un briciolo di onestà nell’interesse della cura dei minori figli di separati in questo paese e della responsabilità facente capo ai due genitori, a prescindere dall’unilaterale assegno di mantenimento. E intanto la capitale si riempie di manifesti giganti inneggianti alla denuncia di milioni di mezzi-uomini italiani che usano violenza a milioni di donne. Meritevole di denuncia per la discriminazione e la calunnia contro l’intero genere maschile.
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Ma intanto tiè beccateve questa! Se qualcuno avesse ancora dubbi sul perché l’impegno sociale per il miglioramento delle condizioni drammaticamente asimmetriche della giustizia separativa di questo paese non decolla, non occorre altro. Nella generalità, il movimento dei padri che vogliono essere papà e non limoni da spremere fino alla tragedia, si configura come una banda di diseredati. Molti pensano ancora che le logiche politiche e gli ordini di scuderia nella logica di partito, possano essere sovvertiti attraverso la letterina delle buone intenzioni e la capacità di convincimento di volenterosi questuanti. Molta strada è da percorrere ancora nella coscienza politica e nella comprensione delle poste in ballo nel gioco dei poteri che governano gli interessi economici e che controllano le realtà sociali. Molta strada nella presa di coscienza di chi pensa ancora possibile dialogare con le associazioni nazifemministe, ben aiutate e foraggiate con il sostegno potente dei media e trasmissioni come quella di propaganda stile nazista del giorno 27 sera su RAI3.
Un programma che mentre abbondava di primi piani sulle lacrime di donne vittime di uomini assassini (solo loro), riflesse sulla faccia commossa della giornalista, usava sarcasmo e ironia verso i rappresentanti difensori di padri e famiglie. Sciagurata la giornalista e chi l’indirizzo ha permesso che fosse dato alla propaganda nazifemminista ed antiuomo-padre dell’intera trasmissione. Ora, per avere una idea della radice su cui affondano simili mozioni, basta osservare quanto già avvenuto similmente a Roma nella città di Ferrara, a riprova che l’azione precisa determinatasi come frutto di una guerra all’ultimo sangue alla modifica dello status quo, nei consigli comunali, risponde ad una precisa strategia consona agli interessi elettorali conclamati della parte politica interessata. Sempre la stessa.
“Siamo di fronte a un ribaltamento della realtà, che non tutela i figli”. È con questa frase, estrapolata dall’intervento del vicesindaco di Ferrara Massimo Maisto (PD) che si può riassumere ai minimi termini la posizione della maggioranza consiliare sull’ordine del giorno anti ddl Pillon, presentato all’assemblea da Deanna Marescotti del gruppo misto, che vuole impegnare la giunta a contrastare in ogni sede — che vuol dire con una moral suasion nei confronti dei parlamentari ferraresi, nda — l’approvazione del disegno di legge. “Il ddl Pillon, che si prefigge di rivoluzionare i processi di separazione e contro il quale già tre giorni fa in piazza è andata in scena una manifestazione” (di 100 donne) “non tiene in considerazione le disparità di forza nelle relazioni, il gap salariale tra uomo e donna, e istituisce la mediazione obbligatoria anche nei casi di violenza domestica: facciamo tanta fatica a convincere le donne ad andare a denunciare”, dice Marescotti facendo leva sugli argomenti forti del suo odg davanti a una sala del consiglio piena di spettatrici che talvolta applaudono e mostrano cartelli venendo riprese dal presidente Calò.
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Si rivela così ancora una volta la strategia distruttrice di genere portata avanti su scala nazionale e non solo. E mentre fuori e dentro le aule dei tribunali si stigmatizza la conflittualità tra i coniugi come distruttiva per la crescita dei loro figli, le avversarie del DDL buttano benzina sul fuoco delle separazioni tramite denunce, efficaci a prescindere dalla loro falsità. Mentre è noto che nel 2018 risultano in calo nei primi 9 mesi dell’anno i ‘reati spia’ del “femminicidio”: maltrattamenti in famiglia, stalking, percosse, violenze sessuali. Nonostante questo, la maggioranza PD (18 consiglieri) chiarisce al M5s nazionale da che parte deve pendere, usando i consessi consiliari come prove d’orchestra di una sotterranea collaborazione nazionale esemplare della politica stellata; peraltro i voti transfughi da PD a M5s sono ora in ballottaggio, tanto vale andare d’accordo sin da ora. Poi la Pdina femminista continua nel dire addirittura che il provvedimento in parola “è un tentativo di instaurare un ordine sociale basato sugli stereotipi di genere e relazioni di potere diseguali” e cita la lettera inviata dalle relatrici speciali dell’Onu sulla violenza di genere al governo. Da rabbrividire. Le armi strategiche di distruzione di massa contro il genere da distruggere civilmente.
Al termine di un’ora e mezzo di dibattito, quindi, l’odg anti-ddl Pillon ha il 100 percento dei voti favorevoli. Sono, tuttavia, solo 16: quelli della maggioranza allargata al gruppo misto. Gli altri consiglieri non sono presenti in aula. Si noti che in Emilia Romagna, per la prima volta, il centrodestra è la prima coalizione in regione. Il Pd insieme ad altre forze di sinistra cercherà di compattarsi per mantenere il potere a Ferrara fino al dicembre 2019. Nel Lazio invece il PD ed il suo elettorato femminista conta sulla presidenza Zingaretti, già generoso elargitore di denaro pubblico ai CAV attivi come concentratori del suo elettorato. In realtà, unica consolazione, esistono interventi pubblici di livello più serio rispetto alla puntata di “Presa Diretta” della PD-ina RAI3 citata. Come il convegno dell’AMI, dove per lo meno i pareri contrari sono espressi in forma non ideologica e più di confronto. Persino il “FATTO QUOTIDIANO” fa capolino ogni tanto con qualche parere frutto di maggiore ragionevolezza. Il dibattito è ancora in corso, e quindi non tutto è perduto. Ricordatevene. “I have a dream”, diceva qualcuno che fu ucciso anche per questa frase. Auguri a tutti i padri che lottano non solo dalla tastiera. E se non con la militanza necessaria, almeno, si spera, in cabina elettorale.
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