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False accuse: disincentivare si può?

24 Gennaio 201810 Marzo 2019
3

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Comments (3)

  1. Tharon credo abbia toccato un punto chiave, “le indagini”, addirittura oggi si assiste a sparate del tipo,”bisogna potenziare e delegare la polizia giudiziaria..”il più delle volte non si tratterebbe nemmeno di questioni che riguarderebbero la PG ma semmai psicologi forensi, mediatori, professionisti super specializzati capaci di raccogliere le istanze delle persone siano esse presunte vittime che presunti carnefici. Il percorso giudiziario, denunce comprese, dovrebbe essere l’estrema ratio.

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    26 Gennaio 2018 Giovanni Covella Reply
  2. In generale sono d’accordo con l’impianto, e la necessità di una barriera che prevenga l’abuso di questa denunce non è solo necessario, ma sacrosanto. Tuttavia, reputo sbagliata l’idea della cauzione per tutta una serie di motivi. Primo tra i quali quello di creare un pericoloso precedente sulla “giustizia a pagamento”.
    Non pensiamo soltanto ai molti, troppi casi di false denunce. Esistono anche denunce reali e che devono poter essere fatte in tranquillità e da tutti, altrimenti si cade nell’errore opposto di quello che si vuole correggere. Errore non dissimile da quello esistente adesso, ovvero l’assurdità di credere automaticamente alla testimonianza dell’accusatrice e presunta vittima per facilitare le denunce.

    Il problema ha due facce : Da un lato incentivare le reali vittime di questi reati a denunciare, e dall’altra quello di evitare l’abuso e scoraggiare le false denunce. Queste due facce del problema vanno risolte all’unisono, o in caso contrario non si fa altro che trasferire il problema da una “faccia” all’altra, esattamente come è già accaduto. Inoltre l’idea della cauzione a mio avviso non diminuirebbe gli abusi dato che chi è animato da spirito malevolo e non si fa certo problemi a pagare per ottenere ciò che si prefigge, in particolar modo se da questa denuncia può ottenere un rientro di qualche tipo (la tutela dei figli, l’assegno di mantenimento, vedere allontanato qualcuno). Al contrario può invece rappresentare un problema per chi, già vessato da una situazione di disagio reale, si trova davanti una barriera in più.

    Senza contare che questa parte critica (e criticabile) del patto ne va depotenziare l’intera sostanza, rendendolo così meno solido e più attaccabile.

    I mezzi per creare un bilanciamento tra queste due esigenze esisterebbero anche, e sono quelli maggiormente osteggiato dalle femministe : la presunzione di innocenza, le indagini e la possibilità di contro denuncia.
    In particolare la possibilità la contro denuncia dovrebbe prevedere pene severe in caso di dimostrato tentativo di dolo, pari almeno a quelle per cui l’innocente è stato inizialmente denunciato.

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    26 Gennaio 2018 Tharon Reply
    • Osservazione critica molto interessante, grazie.
      Continuo a pensare che l’errore di fondo sia considerare la proposta come una “cauzione” vera e propria. La definizione è utilizzata per semplificare l’individuazione di un meccanismo che, di fatto, non impedisce a nessuno di giovarsi del diritto di querela. Al massimo responsabilizza il singolo che, se è in malafede, rischia, ma solo alla fine del procedimento, di pagarne lo scotto.
      Per di più il tutto si configurerebbe come un meccanismo di tipo fiscale, a riprova che non è una vera e propria cauzione. Che, ovviamente, per disincentivare chi vuole commettere abuso, dovrebbe essere significativa.
      Di fatto è un meccanismo come tanti, che potrebbe, anche diversamente articolato, coniugarsi con altri: dalla condanna automatica per calunnia alla possibilità di controdenuncia, come dici giustamente tu.
      Diciamo che tutto va preso in considerazione se lo scopo è quello di tutelare le vere vittime e stroncare chi abusa delle leggi e delle procedure, così contribuendo allo smantellamento dello Stato di Diritto.

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      26 Gennaio 2018 Davide Stasi Reply

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