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Il Mattino di Napoli, nel suo canale TV, pubblica questa clip. Un bambino viene sottratto alla famiglia (o al padre? O alla madre? Non è chiaro) per essere condotto presumibilmente in una casa-famiglia. Grida, si dibatte, chiede al padre se lo cercherà. Ogni secondo di questo video resta addosso alla mia coscienza e al mio status di cittadino italiano con il peso di milioni di tonnellate. Sento la frattura nell’anima del bambino. Sento quella terrificante nell’anima dei genitori. Quando c’è realmente necessità di operare in questo modo, quali le circostanze? Perché accade questo? Personalmente lo ritengo concepibile solo quando i genitori risultano dannosi per il minore (se sono tossicodipendenti o insani di mente, ad esempio). In altri casi no. E’ una situazione di disagio economico? Ci scommetterei. E allora penso ai milioni di euro inutilmente stanziati per centri antiviolenza o, appunto, case-famiglia sempre voraci di nuovi clienti e nuove risorse. Basterebbe uno zerovirgola per cento di quei milioni, in molti casi, da utilizzare come aiuto alle famiglie, per evitare che nel nostro paese si alzino grida e pianti del genere. Ma così non è. Quelle grida ci sono state, ci sono e ci saranno. Ma chi si fa carico di questa disperazione? I giudici, i servizi sociali, gli avvocati, i politici? Chi?
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