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Ho ricevuto un certo numero di messaggi piuttosto angoscianti nel loro essere “possibilisti” rispetto ai contenuti del DDL “Codice rosso” imposto al Governo dall’associazione Doppia Difesa. Dice: alla fine velocizza solo un po’ le cose, è una vittoria “di bandiera”, ma sì lasciamoglielo dai… Molte sono le reazioni di questo tipo, che mi lasciano oggettivamente interdetto, per una serie di motivi legati in parte al modo con cui i media hanno comunicato i contenuti del provvedimento, in parte soprattutto alla sua lettura di dettaglio.
Prima cosa che emerge, piuttosto ovvia, nella legge non si dice che è solo per le donne. Non sono mica fessi, sarebbe palesemente incostituzionale. Il concetto dell’esclusiva femminile è stato però trasmesso a bomba dai media, quelli che plasmano e influenzano pesantemente anche gli organi inquirenti, e tanto già basterebbe a qualificare la legge come ad generem, anche senza che ciò venga dichiarato apertamente. Curiosa poi la procedura. Il testo, sebbene qualificato come “Disegno di Legge”, è stato irreperibile fino alla sua approvazione in Consiglio dei Ministri. Se ne trovava un minimo stralcio solo sul sito di Doppia Difesa, che sicuramente non è un’istituzione legislativa dello Stato italiano. Dopo l’approvazione il testo è diventato disponibile in un formato informale, tipo scansione frettolosa poi caricata in rete. Fino al momento in cui scrivo sui siti istituzionali non vi è traccia del suo testo. Alla faccia della trasparenza.
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Di fatto il provvedimento non fa che aggiungere alcuni reati all’elenco di quelli per i quali è già previsto che la Polizia Giudiziaria operi con rapidità e una certa informalità (“la comunicazione della notizia di reato è data immediatamente anche in forma orale”, Art.347 comma 3 Codice di Procedura Penale). Ma per quali reati era prevista questa “facilitazione informale” prima del “Codice rosso”? A ben guardare si tratta di robine non da poco:
- Devastazione, saccheggio, strage
- Guerra civile
- Associazione a delinquere di stampo mafioso
- Strage
- Contrabbando
- Omicidio
- Rapina
- Estorsione
- Sequestro di persona
- Associazione a delinquere
- Terrorismo
- Commercio d’armi
- Spaccio di droga
Niente male eh? Diciamo pure che sono i crimini più gravi in assoluto rispetto alla protezione e alla tenuta della comunità sociale. E sono proprio la loro gravità e diffusione a giustificare alcune temporanee informalità nella procedura. Bene, dal “codice rosso” in poi, equiparati ai reati disastrosi che ho elencato sopra saranno anche i seguenti reati:
- Maltrattamenti in famiglia
- Violenza sessuale
- Atti sessuali con minorenne
- Corruzione di minorenne
- Violenza sessuale di gruppo
- Atti persecutori (Stalking)
- Lesioni aggravate
Ha senso che io ripeta una volta di più che quasi tutte le fattispecie aggiunte sono tra le più gettonate tra i casi di accuse non provate o false? Ha senso che riporti ancora, per ognuna di esse, la percentuale di denunce archiviate o finite in assoluzione? Diciamo pure che sono pressoché tutte il top of the pops delle false accuse, se si escludono forse la violenza sessuale di gruppo e la corruzione di minorenne, e con la fattispecie straordinaria dello stalking, per cui già non serve prova alcuna. Tutte con picchi straordinari nei casi di separazioni conflittuali. Nonostante questo dato di fatto, grazie al “codice rosso” tali denunce potranno essere comunicate ai Pubblici Ministeri anche in forma orale, dovranno essere trattate al pari di una notizia di reato relativa ad esempio al sequestro di persona, spaccio di droga o associazione mafiosa, eccetera, e con priorità assoluta.
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Quelli della prima lista possono essere in qualche modo considerati reati “eccezionali”, di contro a quelli della seconda lista che rientrano nei reati “comuni”. Equipararli come fa il “Codice rosso” avrà come risultato che da adesso in poi una qualunque denuncia per uno dei tanti odiosissimi reati comuni verrà messa in fondo alla pila, per lasciare corsia libera alle altre innumerevoli denunce per reati altrettanto comuni ma “di genere” o “domestici”. Ci potrebbe anche stare se questi ultimi statisticamente rappresentassero un’emergenza criminale significativa. D’altra parte molte leggi speciali sono state fatte durante l’epoca del terrorismo, altrettante per combattere la mafia. Si è trattato di provvedimenti che intercettavano un allarme vero e misurabile, un’emergenza effettiva. Che alla base del “codice rosso” però non c’è.
Si dice, nelle note esplicative della legge, che la velocizzazione servirà a evitare che certi fenomeni degenerino in peggio in attesa delle lente procedure di polizia. Il riferimento è all’assunto, per altro falso, che i persecutori o i mariti violenti finiscono sistematicamente per sopprimere la vittima. Talvolta accade, purtroppo, è vero. Ad oggi, nel 2018, è accaduto 32 volte. Il tasso omicidiario in Italia è tra i più bassi d’europa (0,8% ogni 100.000 abitanti). Tra di essi gli omicidi “di genere” sono un’inezia. Insomma questo meccanismo, come l’inclusione nell’elenco di reati usualmente denunciati da donne contro uomini, è un modo astuto per riservare una legge a vantaggio di una specifica categoria (le donne) senza dirlo esplicitamente. Accade così quando la ratio di una legge non è una reale situazione critica da risolvere, ma pura e semplice ideologia, coniugata con l’obiettivo di compiacere quanto più elettorato e quante più lobby possibile.
A proposito di lobby, quella dei corsi di formazione per le forze dell’ordine tra tutte è la faccenda quasi meno scandalosa. Chi farà quei corsi? La legge non lo dice, rimanda ad altri provvedimenti che si faranno. Sono pronto a scommettere che non si delineeranno profili rigorosi di professionisti di livello capaci di inquadrare in modo equilibrato i reati “di genere” e di insegnare a scremare la tanta fuffa dalla poca sostanza. I docenti proverranno tutti da centri antiviolenza e affini. Gente invasata che dell’odio verso gli uomini ha fatto una ricca professione. Loro, con buona probabilità, insegneranno a Carabinieri e Polizia a mandare avanti a prescindere qualunque denuncia di donna (“believe women”, dice un noto slogan radicale femminista americano, ripreso dalle manifestazioni del 25/11) e a ridere in faccia all’uomo che eventualmente supera le proprie remore e gli imbarazzi e prova a segnalare di aver subito lui violenza. Tra parentesi, ma nemmeno troppo: una delle promotrici del “Codice rosso” è tra le fondatrici di uno dei più noti centri antiviolenza italiani, chiamato “Doppia difesa”. Incidentalmente è pure ministro. Ok ok, è conflitto d’interessi, non sto a vedere il pelo nell’uovo, siamo pur sempre in Italia… Ma intanto lo Stato, probabilmente tramite Spadafora, è già pronto col portafogli aperto per distribuire altri milioni nostri ad attività di indottrinamento alla discriminazione di genere nientemeno che alle forze dell’ordine.
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Ma… dov’è il virus spagnolo in tutto questo? Ho gridato all’allarme qualche giorno fa solo sulla base della descrizione che del “codice rosso” facevano i media, senza averne letto il testo. Ora che l’ho letto l’allarme resta. Perché il virus emerge, nemmeno troppo tra le righe, dalla lettura della relazione illustrativa alla legge, quella che dovrebbe spiegarne la ratio. Lì si dichiara che, quand’anche la persona denunciante non rientri nella definizione di soggetto debole (Art. 90-quater C.P.P.), presumendo che sia sempre questione urgente, essa dev’essere subito sentita dal magistrato e le sue dichiarazioni dovranno rappresentare “il fulcro centrale del procedimento ed elemento di valutazione imprescindibile”. Believe women, appunto. Sulla parola, anche senza prove. Cosa da sempre valida per lo stalking, e che ora varrà anche per tutti gli altri reati del secondo elenco. E a seguito di quelle dichiarazioni, dice ancora la relazione illustrativa, l’autorità giudiziaria è chiamata “ad attivare eventuali strumenti cautelari”.
Non ci siete arrivati ancora? Riguardatevi il documentario sulla situazione spagnola, poi tornate qui a leggere. Fatto? Bene, ora pensate a una coppia che si separa conflittualmente. Oggi la donna va a denunciare l’ex per fatti in realtà mai avvenuti, ingegnandosi faticosamente e con rischio a costruire prove false o coinvolgendo testimoni compiacenti, dopo di che l’uomo riceve un ammonimento o un decreto di allontanamento nel giro di un paio di settimane. Da quella posizione può ancora tutelarsi, anche se in sede civile il suo procedimento di separazione sarà già perdente. Passeranno anni e potrà poi faticosamente avere una formalizzazione della sua estraneità penale, tornando a rivedere i figli, che intanto saranno stati debitamente alienati dalla madre.
Con il “codice rosso” tutto questo casino ancora semi-garantista non sarà necessario. La donna andrà da Carabinieri o Polizia, dichiarerà di essere stata maltrattata, lesionata gravemente, violentata o perseguitata, o denuncerà che il compagno abusa sessualmente dei figli, e la pratica andrà diretta, passando sopra ogni altra, al Pubblico Ministero. Che per non saper né leggere né scrivere, e per non rischiare di finire in prima pagina per essersi lasciato scappare un possibile “femminicida”, emetterà subito un provvedimento restrittivo, sempre che non lo sbatta direttamente in galera. Per poi chiamarlo qualche giorno dopo a dimostrare la propria innocenza davanti a prove che non ci saranno, essendo tutto basato sulle sole dichiarazioni dell’accusatrice. Inversione totale della presunzione d’innocenza, insomma. Se non dichiarata e stabilita ufficialmente dal “Codice rosso”, in ogni caso indotta o predisposta.
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Eccola lì la Spagna. Nemmeno più alle porte, ma già dentro il sistema italiano. Vero, il “Codice rosso” non impone la carcerazione preventiva, parla solo di interventi cautelari. Tuttavia, passato il concetto, il primo passo è fatto. Il prossimo sarà prevedere proprio la carcerazione preventiva, come già annunciato da Mara Carfagna. E allora sarà Spagna davvero. Nonostante queste evidenze, c’è qualche anima bella, illusa e fiduciosa, secondo cui il “Codice rosso” aiuterà a svelare le false accuse. Viene da ridere… quand’anche fosse vero, resta il problema che i falsi accusatori non vengono minimamente puniti in questo paese. E se uno cerca di renderli punibili (vedi DDL 735) si trova le befane in piazza con le mutande in testa.
La verità, in conclusione, sta nella visione d’insieme di tutto questo. Il “Codice rosso” è l’ennesimo scivolamento del sistema italiano verso una dittatura in rosa che nasconde business e potere, spartizioni e clientele, il tutto con l’interessato sostegno dei media. Concettualmente, parificare i maltrattamenti in famiglia con l’associazione mafiosa (ai reati mafiosi già per legge è parificato lo stalking), senza il sostegno di numeri che lo giustifichino, è una forzatura gravissima. Com’è grave il tentativo, attraverso proprio il paragone mafioso, di imporre un senso di colpa generalizzato per gli uomini, come ha fatto Murgia. Magari facendo passare il concetto che gli uomini vadano rieducati, tanto che già si stanno costituendo sinistre “task force” con questo obiettivo. Tutto si tiene, insomma. E’ chiaramente in atto un tentativo nemmeno troppo larvato di portare l’Italia al livello spagnolo o svedese. Il tutto pressoché senza colpo ferire. Mercoledì mi chiedevo se esista ancora qualcuno in grado di mobilitarsi per frenare o fermare questa degenerazione. Il possibilismo diffuso che ho letto in giro sul “Codice rosso” mi fa paventare che no, davvero non c’è proprio più nessuno. Nel caso, bisogna solo sperare che ci mettano tutti nella stessa prigione e nelle stesse celle, così potremo almeno discutere su cosa avremmo potuto fare e non abbiamo fatto.
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