Questo blog ha interrotto le pubblicazioni il 14/09/2020, dopo 4 anni di attività.Le sue tematiche sono ora sviluppate da una nuova piattaforma:LA FIONDAhttps://www.lafionda.com |
<
[Edit: per correttezza dell’informazione, specifico che nell’articolo ho parlato di “suicidio assistito” perché così veniva riportato dai maggiori media, inclusi alcuni che si dedicano a verificare le “bufale” (BUTAC). Segnalo tuttavia che Marco Cappato, tramite il sito delle Iene, ha dichiarato che non si è trattato di suicido assistito, ma di suicidio autonomo della giovane, notizia che poi è stata confermata. Il senso del mio articolo tuttavia non cambia, essendo incentrato sulle reazioni alla notizia e sull’enfatizzazione degli stupri].
Noah Pothoven era una ragazza olandese di 17 anni. Qualche giorno fa ha deciso di morire servendosi di uno dei servizi di assistenza al suicidio tra quelli disponibili nel suo paese natale. Nei Paesi Bassi si può richiedere il suicidio assistito per propria volontà dai 17 anni in su, dietro autorizzazione dei genitori dai 12 ai 16 anni. Per ottenere la “buona morte” non basta chiedere. Occorre che la persona denunci una sofferenza fisica o psicologica talmente profonda e incurabile, e come tale accertata da appositi staff medici, da trovarsi a preferire di morire. Noah aveva richiesto autonomamente di essere soppressa, denunciando di vivere in uno stato depressivo cronico atroce, che l’aveva portata all’anoressia e a un perdurante stress post-traumatico che le impediva di vivere.
Le cause di questo profondo disagio erano tre abusi sessuali che la ragazza aveva subito: a 11 e 12 anni durante alcune feste studentesche, e ancora a 14 anni da parte di due uomini in un sobborgo della città di Arnhem. Oltre a essere molto attiva sui social, Noah aveva raccontato la propria storia in un libro intitolato “Vincere o imparare”, dove in sostanza aveva denunciato la mancanza in Olanda di strutture assistenziali e sanitarie capaci di affrontare e risolvere disagi e disturbi mentali come i suoi, specializzati cioè nella gestione dei disturbi dell’adolescenza e nell’assistenza alle vittime di violenza. Questi sono i dettagli che emergono dai media che hanno trattato la vicenda, inclusi alcuni noti “anti-bufala”. Una storia terribile, così come viene raccontata. Che però mi lascia perplesso sotto alcuni aspetti.
Una storia terribile, così come viene raccontata. Che però mi lascia perplesso sotto alcuni aspetti.
Da nessuna parte si dice se i responsabili dei tre stupri sono stati individuati e sanzionati. Ed è strano: è la prima cosa che ci si attende quando ci si imbatte in storie del genere. I primi due sono avvenuti durante feste studentesche, dunque si presume che i responsabili fossero facili da individuare. L’ultimo, quello nel sobborgo di Arnhem, Noah dice di non averlo voluto denunciare per “vergogna e paura”. Va preso atto, dunque, che non c’è un percorso tracciabile, per lo meno nel racconto dei media, dei traumi che la giovane si è trovata a subire. Non dico che non siano avvenuti, ma rimane inspiegato che, a fronte della sua decisione estrema, i media non specifichino con gusto vendicativo se i responsabili abbiano pagato, o con ferma indignazione se l’hanno fatta franca. Altra grande assente nel resoconto è la famiglia di Noah. Mai citata. Esiste? Che ruolo e che funzione ha avuto in tutta la vicenda? Ha supportato la giovane o Noah è stata una persona lasciata a se stessa?
Sono dettagli che la grandezza tragica della decisione di Noah mette in ombra, eppure sarebbero importanti per inquadrare in modo oggettivo il percorso che l’ha portata alla scelta del suicidio assistito. Che non vivesse serenamente è piuttosto chiaro. Che la causa del suo terribile disagio, di quel “male oscuro” che è la depressione, siano stati i tre abusi sessuali lo è un po’ meno. Ed è lecito sospettare che quell’aspetto sia stato messo in risalto apposta, andando a coprire un quadro clinico di disturbo mentale più grande e più ampio, magari pregresso, magari presente fin dalla nascita ed esploso in età adolescenziale. A rendere legittimo il sospetto è anche la rapidità con cui politici e commentatori si sono gettati sulla vicenda per ribadire il concetto trito e ritrito della necessità di un contrasto netto contro gli stupri e contro la violenza sulle donne. Sciacalli che ballano sulla fragilissima vita di Noah.
Sostieni e diffondi la sottoscrizione solidale per i 118
contro i manifesti sessisti della Regione Lazio.

Fragilissima perché, se è innegabile la natura profondamente traumatica dello stupro, tuttavia esso non impedisce, in presenza di risorse interiori solide, di ritrovare una via di ricostruzione di sé e della propria vita. A meno che, per l’appunto, il seme del trauma non vada a cadere su un terreno già malato. Uscendo dalla retorica femminista secondo cui l’abuso sessuale praticamente ti impedisce per sempre di vivere, occorre prendere atto che mentre Noah decide di farsi togliere la vita, esistono persone che hanno vissuto traumi ugualmente se non ancora più devastanti, e che pure sono ancora lì e combattono per se stessi e per ciò che rimane. Qualcuno cede e si uccide, certo. Sono tanti, sempre troppi, e nessuno si affida al suicidio assistito. Ma la maggioranza stringe i denti e prosegue il proprio percorso.
Corro il rischio di essere accusato di benaltrismo, ma solo a titolo d’esempio penso a quelle mamme e quei papà che si vedono morire il figlio in un incidente o per una malattia incurabile, magari dopo terapie atroci. O che, ancora, perdono il figlio perché suicida o devono gestirne uno con disabilità invalidanti. Penso poi ai soldati che hanno visto fare e hanno fatto cose disumane. Penso a chi si trova a perdere tutto ciò che aveva costruito sia in termini concreti che interiori. O ancora a chi scampa a calamità naturali o ad atti di terrorismo. Sono purtroppo molte le circostanze che possono condurre una persona a uno shock tale da cambiarle (in peggio) la vita, da lasciare segni indelebili, mutilazioni esteriori o interiori di una gravità inconcepibile. Eppure gran parte di costoro reagisce, si mostra resiliente e costruisce sulla propria mutilazione un’altra vita, un altro percorso.
Esistono persone che hanno vissuto traumi ugualmente se non ancora più devastanti.
Tra queste, anche molte donne che sono passate attraverso l’orribile esperienza dello stupro e mi sovviene tra le prime, per quanto lontanissima dal mio modo di pensare, l’attrice Franca Rame. Devastata sì, ma capace di costruire una vita d’impegno e di cultura anche a partire da quell’esperienza devastante. Altra pasta, si dirà. Forse. Ma se allora è della pasta di cui sono fatte le persone che si tratta, della loro capacità di reagire alle tragedie, si smetta subito di fare ciò che si sta facendo, ovvero porre l’accento sugli stupri subiti da Noah mettendo in ombra tutto il resto. Quel resto composto da un probabile squilibrio connaturato e pregresso, da un’incapacità di reazione, sicuramente peggiorata dal sistema olandese, che non si fa remore a mettere le donne in vetrina e a sopprimere gente, ma pare non abbia strutture per la cura della depressione.
E’ tutto intero questo scenario che pare aver pesato sulle sue scelte terribili di Noah, non solo ed esclusivamente gli stupri. Nelle sue condizioni è legittimo pensare che qualunque trauma l’avrebbe scossa fino a renderle impossibile la prosecuzione della vita. Con ciò non intendo sminuire il suo vissuto e la sua decisione, verso cui porto un attonito rispetto. Con ciò intendo esprimere tutto il mio raccapriccio verso chi, tra media, opinionisti e politici, si getta sul cadavere, ora in pace, di una diciassettenne dall’esistenza complessa e dagli equilibri fragilissimi. Per strumentalizzarlo, essenzialmente, trasformando Noah in un’icona delle donne vittime di violenza. Allo scopo di farsi propaganda o contribuire alla diffusione di una versione della realtà due volte falsificata: prima quando vittimizza il genere femminile, quasi giustificando il suicido a seguito di stupro ed elevando dunque quest’ultimo al rango di non plus ultra delle violenze che si possono subire; poi quando diffonde un’idea di legittimità e positività nella resa incondizionata alle avversità. Provo io a compensare: pur nella tragicità della vicenda di Noah, si sappia che là fuori c’è chi ha vissuto, vive e vivrà veri e propri inferni, eppure continuerà a vivere e combattere.
Sostieni e diffondi la sottoscrizione solidale per i 118
contro i manifesti sessisti della Regione Lazio.

Per essere sempre aggiornato sui nuovi articoli, iscriviti alla newsletter di “Stalker sarai tu”:
Leave a Reply