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Non molti giorni fa su questo blog si è tentato di descrivere a chi ancora non la conosceva la realtà degli “Incel” e della loro comunità, con il tentativo, nemmeno troppo larvato, di indurli a uscire allo scoperto, per far luce sui loro lati oscuri, che così tanti agganci ancora danno ai nemici e alle nemiche della “questione maschile”, e perché potessero loro stessi raccontare all’esterno un disagio che ha radici tutt’altro che irrilevanti. Forse per le modalità di approccio un po’ burbere e spicce, peculiari di queste pagine, con cui tutto ciò è stato espresso, il tentativo ha raccolto un bel po’ di dissenso, con messaggi molto arrabbiati al mio indirizzo. Gran parte dei quali alludevano a mie presunte “ambizioni”, alla mia “carriera” o a obiettivi più o meno oscuri. Accuse che mi hanno fatto riflettere molto. Una riflessione che ho finito per mettere a fuoco durante una lunghissima discussione pubblica a commento di una delle tante sciocchezze pubblicate da Michela Murgia, avvenuta con alcune sue sostenitrici. Superata la fase del dileggio e dell’insulto incrociato, con stupore mi sono trovato a dialogare in modo costruttivo con una di esse. Sembra incredibile ma è così. E sì, ci siamo trovati a condividere principi molto vicini. Dopo di che ho buttato lì una proposta che, me ne sono reso conto solo dopo, è davvero l’obiettivo finale mio e di questo blog. Inaugurare in ogni grande città dei tavoli pubblici di discussione e confronto tra uomini e donne, aperti solo a coloro disponibili a un dialogo non ideologico. Verrebbero dunque esclusi tutti quegli uomini e tutte quelle donne che del terrorismo e della guerra di genere hanno fatto una professione o un modus vivendi o un paradigma per la lettura della realtà. Penso a qualcosa di simile, fatti i debiti distinguo, alla Commissione per la verità e la riconciliazione ispirata da Nelson Mandela per il Sud Africa: fazioni violentemente e a lungo in contrasto messe a confronto, con lo scopo di dirsi in faccia una volta per tutte la totalità di ciò che ci si doveva dire da tempo, per poi procedere in modo deciso a una riconciliazione e dare così l’avvio a una nuova era. Non c’è tra uomini e donne in Italia una violenta segregazione, lo so, ma oggettivamente le basi per un futuro ad altissima conflittualità ci sono tutte, grazie anche a chi soffia sul fuoco per alimentare i propri interessi. Un confronto pubblico del genere taglierebbe le gambe a questi furbacchioni e furbacchione. E forse innescherebbe anche cambiamenti più ampi nella società, nell’economia, nella politica. Come ho scritto alla mia interlocutrice, “you may say I’m a dreamer”. Si può dire insomma che la mia sia un’utopia. Be’, in ogni caso, lo dico a chi di recente si è interrogato in merito, al di là di provocazioni, sarcasmi e critiche, è quello il mio obiettivo e l’obiettivo di questo blog, non altri. Qualcuno all’estero ha già iniziato a muoversi in questo senso. Da noi la questione è tanto grave quanto impellente e l’unico modo per uscirne, davvero non ne vedo altri, è di farlo insieme. Che sia una buona idea lo dimostra il fatto, credo, che la mia interlocutrice, là sul profilo di Murgia, a leggerla si è letteralmente ammutolita. E non lo dico con ironia, stavolta, ma con speranza.
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