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di Anna Poli – Leggevo: “le più violente azioni contro le persone LGBT nascono in seno alla comunità LGBT stessa” ha dichiarato Antonello Sannino, presidente dell’Arcigay di Napoli, rivelando addirittura che “le violenze peggiori sarebbero, secondo numerosi studi, quelle tra partner omosessuali”. Poi leggevo ancora: “fino a qualche anno fa l’omofobia era la patologia più distintiva dell’Italia, per mesi i quotidiani ripresero pseudo-statistiche arcobaleno sulle violenze antigay fino all’iniziativa di un DDL apposito, fortunatamente presto archiviato senza alcun problema sia per l’assenza di necessità di emergenza sia perché, come spiegato dai giuristi, avrebbe pericolosamente introdotto il reato d’opinione”. E infine: “sono semplicemente state raccolte auto-denunce di persone omosessuali che dicono di essere state picchiate in quanto gay, ma non si riporta alcun dato statistico ufficiale, solo racconti delle presunte vittime senza alcun riscontro oggettivo esterno. L’Arcigay ha ammesso che solo una minoranza della società è omofoba e non esistono praticamente più discriminazioni sul lavoro”.
Antonello Sannino, che dio ti benedica! Se potessi inventarmi un premio per il più intellettualmente onesto del mondo, di certo sulla vetta del mio podio ci saresti tu! Se avessi la facoltà di elargire lauree honoris causa, a te profonderei senza pensarci due volte quella in Coerenza con lode, con toghe, con canti, inni, apericene e dopocene! Se non fosse decisamente sconveniente stappare una bottiglia di rosso alle tre del pomeriggio, lo farei all’istante, ipso facto, solo per brindare a te e alla tua sacrosanta integrità morale! Tu, splendido uomo gay, hai interpretato in modo sublime il pensiero logico non solo mio, ma di chiunque sia in grado di concepire un pensiero logico! Tu hai magistralmente calato le braghe e sbertucciato quel gretto, bugiardo, irritante, approssimativo, vacuo buonismo da carta stampata e da trasmissione della RAI. Insomma, hai fatto quello che solitamente faccio io in quanto donna. Però lo hai fatto tu, in quanto gay.
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E io sogno da un bel pezzo quel favoloso giorno in cui un gay trasudante intelligenza potrà denunciare la strumentalizzazione dell’omofobia che viene fatta dall’opinione pubblica senza per questo essere assurdamente definito omofobo; allora forse sarà altrettanto possibile che una donna indignata in quanto donna riesca finalmente a denunciare la folle e malsana manipolazione del termine “femminicidio” senza per questo essere classificata come una paradossale misogina. E sogno anche il giorno in cui un paio di “a me è capitato che” e di “non puoi immaginare cosa mi è accaduto” cesseranno di essere fattori indicativi di presunte emergenze sociali e torneranno ad essere esperienze più o meno positive vissute e interpretate da individui più o meno sensibili, dunque né più né meno che opinioni personali validissime e interessantissime se raccontate a tavola, ma ben lungi dall’essere dati di fatto generalizzabili.
Una minoranza della società è omofoba, una minoranza della società è razzista, una minoranza della società è maschilista e al pari una minoranza della società è femminista, probabilmente una minoranza della società è favorevole alla pena di morte e certamente una minoranza della società è vegana. Chiaro che se le stime di realtà presumiamo ci vengano fornite dal supremo e indiscusso re degli elettrodomestici o dallo scorrimento dei post sui social network o dai resoconti di brutti fattacci durante le cene tra amici, allora tutto può essere gonfiato e sgonfiato a seconda dei contesti e delle esigenze. Se dovessi basarmi sulla bacheca del mio facebook, il mio sarebbe un mondo fatto di papà separati che non arrivano alla fine del mese e di scarpe col tacco, di continue molestie, atti persecutori, violenze di genere nei confronti di uomini in quanto uomini e di scarpe col tacco, di femministe sbraitanti, pubblicità misandriche, istituzioni di commissioni anti-uomo e di scarpe col tacco. Eppure potrei giurare che al mondo esistano anche coppie felici e scarpe da ginnastica. Interessante relativismo, no?
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“Fino a qualche anno fa l’omofobia era la patologia più distintiva dell’Italia” grazie ai quotidiani e al loro martellamento mediatico. Oggi no, oggi è cambiata. La patologia distintiva è quella che contraddistingue il maschio molestatore: fuori chi ce l’ha coi gay, dentro chi ce l’ha con le donne. Il che tradotto significa: le schiere e i plotoni di omofobi del 2015 ora sono dei redenti totalmente innocui. E’ passata, gente! Non si sa esattamente se abbiano deciso di cambiare idea sposando nel profondo l’emergente corrente omofila o se siano tuttora nascosti in buie soffitte in attesa di una loro prossima riscossa. Magari sono semplicemente morti o in viaggio, fatto sta che non ci sono più! O forse già non c’erano allora. Forse era solo di tendenza mettersi a pompare un fenomeno con l’aiuto dei media tanto per generare un po’ di odio gratis e costruire l’isola dell’emergenza sociale che non c’è. Forse era solo un modo come un altro per mettere i poveracci uno contro l’altro mentre chi poveraccio non è se la gode aspettando un paio di capponi da brodo di cui certamente qualche pirla lo omaggerà. Tu guarda: sembra la storia del “femminicidio”.
Grazie, Antonello Sannino. Il tuo tentativo di ridimensionare la realtà dei fatti è stato per me una boccata di aria fresca e al contempo il risveglio da un torpore ego-centrato: di Anne Poli è pieno il mondo! Ce ne sono a migliaia e forse a milioni, basta solo spostare lo sguardo. Sotto i riflettori ci stanno le vittime che gridano “al mostro!” intingendo il mascara waterproof in fiumi di lacrime fasulle, ci stanno i pochi raptus di violenza che fanno sempre più audience delle molte buone pratiche di tutti i giorni, ci stanno gli urlatori, i sempre sicuri di tutto, i talmente terrorizzati da assumere le sembianze di veri terroristi. Sotto i riflettori ci sta quello che si vuole venga visto. La realtà dei fatti non è lì, ma seduta davanti a un calice di vino, lo sorseggia e scuote la testa, pensa poi scrive poi dialoga poi si evolve poi cambia, il tutto sempre rigorosamente all’ombra di un riflettore impegnato a far luce su qualcos’altro.
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