Spenna l’ex e rifatti le tette – Secondo un sondaggio effettuato dalla Associazione “Donne e Qualità della Vita”, il 69% delle donne che si separano si rivolge alla chirurgia plastica per ritocchi di vario tipo. Ci sta: fa parte di un percorso anche psicologico di reimpostazione della propria vita. E poi solitamente in quella fase si apre la caccia al toyboy che fa tanto emancipazione, quindi una sistematina, dopo essere state sciatte e poco curate per anni col marito, è accettabile. Molto meno accettabile l’altro dato: di quel 69%, il 30% usa per pagarsi il ritocchino l’assegno di mantenimento versato dal marito. Non si sa se si parla di donne separate e con figli, e sarebbe davvero emblematico, oltre che disgustoso, scoprire che parte del denaro per la prole è finita in tette di plastica e affini. Bisognerebbe chiederselo, ora che il dibattito su separazioni e mantenimento è vivo. Ma la rivista prettamente femminile che ne dà notizia si guarda bene dal porre la questione o dal rappresentarla in modo critico. Anzi forse tra le righe la caldeggia pure un po’. Conclusione inevitabile: mantenimento diretto SUBITO!
C’è una Donna anche in Sicilia – Due settimane fa ho voluto citare per encomio due donne che in Molise hanno chiesto la revisione di una legge discriminatoria e anticostituzionale relativa alle pari opportunità. A loro ho reso onore, ma ho scoperto che non sono le sole. Nella bellissima Sicilia c’è una persona che, con la stessa intelligenza e sensibilità, si sta spendendo per un problema reale, tangibile, contabile, non come quello delle donne vittime di violenza o delle ex mogli impoverite: quello dei padri separati. Moena Scala, presidente del Consiglio Comunale di Siracusa, ha annunciato di voler rinunciare al 20% del proprio compenso per poter finanziare l’apertura di una casa per padri separati, sul modello di quella di Parma. “Perché molte volte nella separazione i padri lasciano la casa e non sanno dove andare”, dice con disarmante semplicità la Presidente, così ottemperando a un piccolo dovere istituzionale: quello di mettere una toppa all’applicazione di una legge che dovrebbe evitare di lasciare un genitore in mezzo a una strada. In ogni caso, un encomio vero, di cuore, a lei. E che gli elettori di Siracusa si ricordino di questo ottimo amministratore.
La molestia inesistente – Dopo gli ultimi sviluppi sul mondo sporco del #MeToo, l’argomento Weinstein rischia di essere parecchio sdrucciolevole, anche per le testate che con più determinazione cercano di strumentalizzare e falsificare tutto. Mi riferisco in questo caso a Repubblica, che posta un video “preso di nascosto” da una delle accusatrici del produttore americano, presentato come prova delle molestie. L’ho guardato tre volte, leggendo bene la trascrizione del dialogo. Ho visto un uomo che fa il piacione e una donna che usa la sua seduzione per agganciare un incarico, usando anche giochi di parole (“it’s hot”). Alla fine ho visto un invito a bere qualcosa e una donna che dice sì, facendo un po’ la preziosa, ma dice di sì. In altre parole non ho visto molestie. Nemmeno un po’. Eppure Repubblica titola: “Molestie, nuovo video contro Weinstein: ripreso di nascosto mentre flirta con un’accusatrice”. La prima parola dà il senso di tutto, anche se in fondo c’è l’ammissione che si tratta di corteggiamento. Informazione sudicia. E Weinstein, per chi sa guardare le cose come stanno, è sempre più innocente.
Maledette regole… – Ogni azienda privata è libera di darsi un proprio regolamento interno, che ovviamente dev’essere conforme alle leggi. Chi vuole lavorarci si deve adeguare, oppure cercare lavoro altrove. Il dress-code, ovvero il modo di vestirsi al lavoro, è spesso oggetto di queste regole. In certi uffici giacca-e-cravatta sono obbligatorie, in altri no, ad esempio. Norme semplici semplici, logiche logiche. Eppure anche lì la donna si ribella, vuole esenzioni e privilegi. Ed è così che in un golf-club canadese si richiede alle cameriere di indossare sempre il reggiseno. E’ una norma per proteggerle: spesso da quelle parti i maschiacci alzano il gomito e se intravedono un paio di capezzoli sotto la camicia potrebbero diventare molesti. Ma no, Christina non ci sta. Non porta il reggiseno da tempo, le dà fastidio, quindi infrange la regola. Più volte redarguita, non si adegua nemmeno alla richiesta di mettere una canotta sotto, così viene licenziata. La sua reazione è emblematica: invece di presentare curriculum in un topless bar, si è rivolta nientemeno che al Tribunale dei diritti umani per “discriminazione di genere”. Solo io vedo in tutto questo un’assurdità da lasciare senza parole?
Ma quale “pay-gap”? – Copio e incollo pari pari un messaggio pubblicato da A Voice for Men sul suo profilo Facebook. “Sono un operaio metalmeccanico e lavoro da molti anni in una grande fabbrica multinazionale nel Nord Italia. Ho assistito per caso ad una” pubblicità progresso” che insistentemente sulle reti Rai stanno mandando in onda in questi giorni. Secondo questo spot le donne guadagnerebbero meno degli uomini, e questo sarebbe dovuto alle discriminazioni che subiscono. Non è possibile che in Italia si debba esser costretti ad assistere a una tale campagna di disinformazione. Volete sapere perché? Perché le donne a parità di ore lavorate e mansione guadagnano esattamente come gli uomini. Le differenze sono dovute ad altre ragioni che sfacciatamente vengono nascoste. Nella fabbrica dove lavoro gli operai si alternano su due turni. Quello diurno a quello notturno. La politica aziendale, che è attenta alle differenze di genere, esclude le donne dal lavoro notturno. Ovviamente nessuna collega si lamenta e neppure i sindacati aprono bocca. Il lavoro notturno è molto più stressante e le conseguenze sulla salute e sui ritmi di vita sono per alcuni veramente devastanti. Gli uomini quindi sono gli unici a lavorare di notte, in cambio di qualche spicciolo in più. Ora cosa pretenderebbero questi signori? Che noi operai uomini lavorassimo di notte allo stesso salario di chi di notte dorme? Chi sono davvero i discriminati? È uno schifo assoluto”.
I mister X newyorchesi – New York, la progressista New York! La città che non dorme mai, New York! E che forse invece qualche ora di sonno in più forse dovrebbe farla. Si eviterebbero decisioni insensate e, in una certa misura, pure dannose, come quella recente di permettere ai genitori che registrano un figlio appena nato di indicare con una X il genere di appartenenza. Niente più maschietti o femminucce, niente fiocco azzurro o rosa. Deciderà il pupo, quando sarà grande, se si sente uomo, donna, canguro, margherita o paracarro. L’eliminazione di ogni elemento di riconoscimento, appartenenza e identità dunque prosegue, là dove un progressismo vuoto di contenuti predomina. Perché in futuro, ma già ora, servono persone col cervello gonfio di flatulenza. Si governano meglio dai… L’iniziativa stupisce alcuni e indigna altri. A me diverte la sua stupidità di base. Per stupirmi, gioire o indignarmi attendo di vedere quanti tra i cittadini della Grande Mela coglieranno l’occasione imponendo una X su ciò che i loro cromosomi associati hanno già deciso.
Mai spogliare il re (1) – Tra i concetti che sostengo, quello che più mi procura l’ostracismo totale da arene più ampie di questo blog, dove discutere temi così importanti, è il collegamento strutturale che ho individuato tra propaganda femminista o femminocentrica, distruzione identitaria e della famiglia, e la necessità di creare generazioni di consumatori puri. Il mio atto d’accusa, inevitabilmente, va verso i mezzi di comunicazione di massa e, come ogni persona raziocinante, ogni tanto cerco di mettere in crisi le mie stesse convinzioni, per verificarle. Ma niente da fare: anche quando vengo assalito dai dubbi, mi basta aprire internet, guardare qualche sito di informazione e trovo conferme scientifiche alle mie opinioni. Per dire… avreste mai immaginato una decina di anni fa di vedere articoli del genere?
Mai spogliare il re (2) – Eppure è così divertente strappare i vestiti ai miti, metterli a nudo e vedere quanto poco sono dotati. Da quasi tre anni parlo di stalking e di tutte le innumerevoli storture che la legge italiana ha creato e sta creando. Parlarne è già eresia, uno sputo contro l’idolo. Guai… Eppure, anche in questo caso, quando la realtà dei fatti trapela ci si rende conto che lo sputo era pure poco. In talune circostanze poi la verità salta fuori in modo curioso e inaspettato: si sa, noi maschi tendenzialmente entriamo in competizione con maggiore facilità di quanto siamo capaci di esprimere solidarietà di genere. Questione di natura. Ma quando ci comportiamo da femmine, cioè ci supportiamo a vicenda, le sorprese non mancano mai. Come in questo caso: il nuovo fidanzato della ex di un tizio, vedendo le porcherie che la donna gli stava facendo accusandolo falsamente per stalking, l’ha preso e gli ha spifferato tutto. Caso più unico che raro, il ragazzo ha deciso di controdenunciare, grazie al cielo. E ci mancherebbe pure.
Il “pussy-pass” – Così viene chiamato nei paesi anglosassoni quel lasciapassare, quel passe-par-tout, per cui se si ha la fortuna di possedere una vagina, si scampano un sacco di rogne e di guai. Non è così? Fatemi un favore: andate su Google e cercate un qualunque articolo dove un uomo ha avuto una relazione o ha molestato una minorenne, e guardate che fine ha fatto. Non solo in termini di sputtanamento sui media, ma anche e soprattutto in termini penali. Ora guardate e confrontate le notizie che avete trovato con questo caso: un’insegnante di 29 anni fa sesso orale con un 14enne e viene beccata. Non solo non va in carcere, ma può pure continuare la sua professione (intendo quella di insegnante, non l’altra…) indisturbata. Ecco, questo è il pussy-pass.
Il tabù assoluto – Il mio percorso di totale alienazione dalle arene pubbliche ampie si arricchisce sempre di più di un altro elemento: il tabù della violenza sugli uomini. Non vi sto a dire le reazioni che ricevo al sondaggio che ho aperto qualche giorno fa, potete immaginarle. In aggiunta a questo, sto raccogliendo materiale piuttosto significativo sul fatto che si tratti di un tema di cui non si deve parlare. A meno che non si voglia essere tagliati fuori da tutto. Eppure io sono cocciuto e continuo, sebbene ci siano precedenti già noti che consiglierebbero di tenersi alla larga dalla questione. Un paio d’anni fa, ad esempio, a fatica si sono fatti largo gli esiti dello studio Dunedin, dove risultava che la violenza uomo-donna e donna-uomo erano del tutto comparabili come frequenza e gravità. Un video testimonia direttamente le difficoltà incontrate dagli studiosi nel tentare di parlare della questione. Be’, per quanto riguarda me, sarà dura fermarmi: il sondaggio procede a gonfie vele e deve continuare così fino alla sua scadenza. I suoi risultati saranno conosciuti da pochi, lo so. Ma buoni, come sempre è la resistenza più compatta, quella motivata dal sapere di essere dalla parte del giusto.
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