di G.A.
Tutti noi, sempre, prendiamo decisioni in base a ciò che sentiamo e sappiamo. E se abbiamo a disposizione una mole crescente di informazioni sbagliate, che veicolano emozioni inappropriate, prenderemo sempre più spesso decisioni sbagliate e inappropriate. Per questo è davvero importante un recente studio svolto dal Massachusetts institute of technology (Mit) e pubblicato su Science, che per la prima volta analizza in modo estensivo i meccanismi di diffusione delle notizie false in rete. E identifica processi per nulla banali. Le notizie false attivano emozioni più potenti (prime tra tutte, paura e disgusto). Qualcuno ricorderà ancora che tale metodo di veicolazione era una volta maggiormente appannaggio di quella che si chiamava “destra” politica. Il che la dice lunga su come metodi e idee passino indifferentemente tra parti politiche solo apparentemente in concorrenza tra loro.
Lo studio dell’Mit considera il periodo tra il 2006 e il 2017. Si basa su evidenze forti, è convincente e offre un dettagliato modello di diffusione delle notizie false, che può essere considerato valido per tutti i media. Prende in esame in dettaglio i percorsi di diffusione di 126mila notizie twittate da circa tre milioni di persone oltre quattro milioni e mezzo di volte. Distingue tra notizie vere e false in base a un controllo attuato con sei diverse organizzazioni di fact checking. Attesta che, in tutte le categorie di informazione, e con un’accentuazione riguardante l’informazione politica, le notizie false si diffondono sempre molto più rapidamente, più ampiamente, più profondamente (cioè, con catene di retweet lunghe il doppio, e dieci volte più veloci) delle vere. Le bugie sono più potenti della verità. In estrema sintesi, sono queste “le fosche conclusioni del più grande studio mai fatto sulle notizie false”.
In tale quadro sono potentemente strumentali, e si inseriscono, le ultime notizie sulle statistiche della prime cause di morte per il genere femminile. Al primo posto delle cause di morte femminile, è infatti la morte per mano di un uomo. Lo sapevate ? Peccato che chi pubblica tale novella ometta un piccolo inciso. Che è: “la prima causa di morte “violenta” del genere femminile”. L’omissione spudorata di quell’aggettivo, “violenta”, trasforma circa 70 “femminicidi” in qualche centinaio di migliaia di morti di genere femmina all’anno. Ma se analizziamo un attimo i numeri, scopriremo una sconcertante altra verità: le donne uccidono gli uomini! Vediamo.
In Italia avvengono circa 600 omicidi l’anno (dati 2011). 450 vittime sono uomini, 150 donne, più o meno. Ma la definizione di “mattanza” viene applicata solo al numero di donne, non a quello degli assassinati di genere maschile, 3 volte superiore. Così come non viene paragonato, tale numero di mattate nelle tonnare, ai 650 morti sul lavoro all’anno quasi tutti di genere maschile. E neanche ai 130 bambini morti ogni anno sulle strade per incuria dei genitori ad allacciarli sul seggiolino. E neanche ai 150 morti all’anno per incidenti coi trattori agricoli. Chissà perché. Ma qui interviene la sublimazione della propaganda ingannevole. Nell’ambito passionale e familiare circa 170 persone, delle 600, vengono uccise ogni anno. Ecco il coniglio dal cilindro! Infatti delle 150 donne, secondo statistiche, il 75 % sono vittima del “femminicidio” da ricondurre nell’ambito passionale e familiare. Mentre solo l’11% degli uomini è ucciso nell’ambito familiare e passionale.
Cavolo c’è da insorgere. La famiglia con coniuge convivente fidanzato (70%) anche di origine (30%) uccide la donna. Cosa è successo ? Ma andiamo ai numeri puri, anziché alle percentuali statistiche falsanti, perché su diversa base. 110 donne in Italia ogni anno sono vittime del “femminicidio” ovvero per mano di coniuge/convivente/fidanzato/amante, (si anche amante), ma sono anche vittima di “maschicidio” circa 25-30 uomini, che a ben guardare non è un numero trascurabile. Bruscolini rispetto a quello delle donne ? Andiamo avanti. Se il numero di uomini avvelenato allegramente o comunque spinto a miglior vita dalla vendicativa coniuge/convivente/fidanzata è meno di quello delle donne, quelli uccisi comunque in ambito comunque familiare è di circa 65. Altri 35-40 uomini infatti sono il bersaglio preferito e trasversale di genitori, fratelli, amanti delle mogli, cognati e suoceri. 3 volte più delle donne. Fanno 65 uomini uccisi nell’ambito “familiare e passionale”. Mettiamo tutto sull’altro piatto della bilancia.
Ma pensate che tali numeri assoluti siano facilmente ricavabili dalle statistiche? Neanche per idea. Nel rapporto ufficiale sulla criminalità in Italia, commissionato dal Ministero dell’interno non c’è traccia, e figuriamoci nel rapporto ISTAT commissionato dal Ministero dispari Opportunità, con generosa elargizione, che dedica capitoli interi a dimostrare che per le donne l’assassino e colui che gli dorme accanto. Per fare un esempio, se io faccio 100 il numero delle vittime di assassinii commessi da donne, in un certo periodo, delle vittime, 80 sono uomini! Il che dimostrerebbe che le donne uccidono prevalentemente uomini! Ed è vero. Ma guarda! Allora anche le donne vengono al mondo per uccidere uomini! Magia della statistica se bene interpretata.
Il numero assoluto è però ovviamente più ridotto di quanto sembrerebbe. Quindi l’assunto è falso? O vero ? decidete voi. Tanto la statistica, come un bilancio fallimentare, è manipolabile da chiunque. Ma il motivo per cui abbiamo, in Italia, 65 “maschicidi” contro 110 “femminicidi”, malauguratamente per gli uomini che sembrano nascere, secondo la propaganda di regime, con la divina missione di usare violenza alle loro compagne, (non esiste altra spiegazione ufficiale) non è esattamente quello che dicono. Il motivo sta nelle diverse cause di morte attinte dalle vittime nella guerra di genere mondiale scatenata dal nazifemminismo. Ecco dunque, che, gratta gratta, perché l’omertà è generale, escono fuori altri 55 uomini suicidi (e solo 3 donne) nell’ambito delle vicende passionali e di separazione. Che insieme ai maschicidi fanno 120 ogni anno. Uno pari palla al centro.
Cioè gli uomini spesso nel disastro della famiglia o della relazione, forse incapaci geneticamente di resistere alle cause della distruzione della loro sussistenza, per metà vengono uccisi, per metà si suicidano, e si autoeliminano dalla contesa. E’ questo il sesso “forte”, a fronte del “debole”, cui occorre dare sempre maggiore sicurezza investendo miliardi di euro per corazzare nei centri antiviolenza la loro vita da ex-moglie/amante/compagna, umiliando e deprivando di ogni dignità, di uomo e di padre, l’essere immondo che tutti giurano (sopratutto la ex) avere visto inseguirla col coltello fra i denti? E lui si suicida!
Allora, smettiamo di frodare il volgo, e tiriamo fuori i dati delle vittime globali delle vicende familiari, inclusi i suicidi, spesso coinvolgenti altri soggetti, oltre allo stesso che si toglie la vita! Qualcuno dice No? Perchè ciò dimostrerebbe che la violenza permea in generale la gestione delle separazioni, e magari le leggi che ne disciplinano le conseguenze, sia sugli adulti che sui minori? In nome dello sfruttamento di una parte? L’uomo viene spinto al suicidio 20 volte più delle donne. Il suicida, però è un soggetto difficilmente gestibile. Giunto alla decisione fatale, cambia i suoi parametri naturali, assume strani atteggiamenti da “muoia Sansone con tutti i filistei”. E può uccidere, prima di uccidersi. Imprevedibilmente. Per lui non ci sarà redenzione da un regime carcerario, niente pena di morte! Ma solo l’inferno. Allora, femminicidi, maschicidi e suicidi si sommano, non sono numeri in gara! E’ comprensibile ciò ai più?
A quando uno studio serio sull’interruzione dei rapporti coniugali e familiari devastanti per conseguenze sociali ed economiche che ne scaturiscono, e sulle loro conseguenze su tutti i soggetti, in primis sui minori, e poi sugli adulti senza distinzione di genere?
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