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Mi capita sotto gli occhi questo articolo di una testata giornalistica locale di Ravenna. Parla di un corso di aggiornamento per le forze di Polizia relativamente ai temi della “violenza domestica e di genere”. Un’iniziativa sicuramente finanziata da quel fiume di soldi pubblici destinati a una tematica venduta come emergenza all’opinione pubblica, ma in ogni caso, se proprio vogliamo essere indulgenti, anche utile e meritoria. Se non fosse che subito mi assale il tipico dubbio dell’esperto malpensante: chi tiene il corso? Cioè chi sono i docenti e con quale approccio si insegna agli operatori di Polizia ad affrontare la tematica in oggetto? L’articoletto è molto vago e già questo insospettisce. “Le lezioni hanno avuto quali docenti il personale della Divisione Anticrimine e della Squadra Mobile della Questura di Ravenna”, si dice, così in parte tranquillizzandomi. Sembrerebbe formazione interna. Però poi si legge: “oltre che della psicologa dr.ssa Cinzia Sintini”. Ahia, mi dico. Una strizzacervelli di cui si dice solo nome e cognome senz’altra qualifica. I miei timori vengono confermati da una breve ricerca sul web, dove reperisco il suo curriculum: nella sua vita professionale la dottoressa praticamente non ha fatto altro che occuparsi di antiviolenza in salsa rosa, il core business di quest’epoca oscura. Con un CV del genere avrà insegnato ai nostri poliziotti come riconoscere una falsa accusatrice? A smascherare una che intende utilizzare la denuncia penale come pallottola d’argento contro l’ex marito per poter fare poi l’asso pigliatutto durante la separazione giudiziale? A disincentivare qualcuna delle 36 mila denunce che vengono presentate ogni anno da donne contro uomini e che nel 90% dei casi finiscono archiviate o in assoluzione? Non credo proprio. Ho la certezza che le “lezioni” saranno servite a mettere un seme malato in più nel cuore stesso della sicurezza pubblica, permettendo ai tentacoli di Ro$a No$tra di penetrare sempre più profondamente nei gangli delle istituzioni, al grido di “believe women”, “hermana yo te créo”, “credi alle donne”. Un modo sicuro per garantire che leggi infami come il codice rosso, apparentemente valide per entrambi i generi, a monte del processo vengano applicate solo per uno di essi. Indovinate quale? Fatemi sapere, cari amici uomini ravennati, quante volte vi si riderà in faccia alla vostra richiesta di codice rosso, e avremo la risposta a questa mia domanda retorica.
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