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Sono circa tre anni che vedo circolare la notizia secondo cui i padri separati che si suicidano ogni anno sono duecento. Deprivati di figli e risorse economiche, non reggono a stress e depressione, decidendo di togliersi la vita e di contribuire al già terrificante dato dei quasi 3.000 suicidi all’anno nel nostro paese. Questa notizia appare e scompare periodicamente, come una balena che di tanto in tanto sale in superficie per poi reimmergersi nelle profondità. Forse nel tentativo di riequilibrare l’orgia propagandistica dell’ultimo fine settimana, a farla tornare a galla di recente è stato “Il Giornale”, con un articolo a firma Elisabetta Esposito. A dichiarare il dato sconvolgente stavolta è l’Avvocato Walter Buscema, tuttavia ancora senza citare le indispensabili fonti ufficiali e rigorosamente verificate. E sarebbe importante: serve avere certezza che qualcuno di qualificato abbia raccolto la testimonianza scritta o orale dei duecento uomini che si sono tolti la vita. Bigliettini, registrazioni o altro, dove si dà ragione del gesto estremo. Se non c’è tutto questo, è un dato buttato lì, una cifra a caso gettata nel calderone di news e fake news, giusto per aggiungere rumore a rumore. Ebbene, ve lo dico io: quel dato non ha alcuna conferma ufficiale da alcun organo ufficiale. Ho cercato a lungo e approfonditamente. L’unica fonte disponibile è una vecchia dichiarazione dell’On. Tancredi Turco, che ho contattato tempo fa senza però ricevere risposta. Nessun istituto nazionale o internazionale risulta aver mai registrato veramente quel dato. Questo non significa ovviamente che i suicidi di padri separati massacrati dal sistema non avvengano, né che l’uomo sia il soggetto privilegiato per le sofferenze più atroci in fase separativa. Non sto contestando il merito della questione (ci mancherebbe), sto contestando il metodo. Non è attraverso dati non verificati, puramente emozionali, che potremo mettere in luce le anomalie del tempo presente nelle relazioni di genere. Non c’è alcun bisogno di dati inventati, bastano e avanzano quelli reali. E soprattutto sul piano etico noi non siamo e non dobbiamo cedere alla tentazione di essere come loro. Loro che davanti a una platea di oncologi riescono a dire che i “femminicidi” fanno più vittime tra le donne degli incidenti stradali e dei tumori, ad esempio. Queste porcherie comunicative immorali lasciamole a loro: sono boomerang che le colpiranno alla nuca prima o poi. Restiamo ai dati e ai fatti, per favore, e manteniamo il livello che ci è più proprio. Perché la falsità fa sicuramente impressione, ma alla fine è sempre la verità a vincere.
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