Questo blog ha interrotto le pubblicazioni il 14/09/2020, dopo 4 anni di attività.Le sue tematiche sono ora sviluppate da una nuova piattaforma:LA FIONDAhttps://www.lafionda.com |
<
Il concetto di “mascolinità tossica” da tempo va per la maggiore negli USA e in Gran Bretagna. Come tutte le mode anglosassoni, presto arriverà anche da noi come modo di dire, come clava da utilizzare per criminalizzare in modo definitivo le persone di sesso maschile. Il concetto è semplice, riduce a un minimo e semplicissimo comune denominatore tutta l’enorme vastità di argomenti utilizzati negli ultimi anni per colpevolizzare l’uomo in quanto tale. Cioè prendete il femminicidio, il paygap, il patriarcato, il #MeToo e tutta quella robaccia lì, gettatela in acqua bollente per qualche anno, e alla fine avrete una sbobba unica, chiamata appunto “mascolinità tossica”. Certo la ricetta così non basta: come molti altri concetti privi di fondamento, serve una legittimazione più o meno scientifica. Problema risolto di recente, con un’associazione di strizzacervelli statunitensi che ha promosso la mascolinità tossica al rango di patologia mentale. Da cui sono ovviamente affetti soltanto gli uomini.
E così la sbobba è bell’e pronta per una diffusione mondiale e un consumo rapido. Facile facile da comprendere e comunicare, non richiede nemmeno troppi argomenti: l’essere di sesso maschile è di per sé una malattia mentale, punto. Se sul piano genetico hai la sfiga di avere una coppia eteromorfica di cromosomi sessuali XY, automaticamente sei un problema di tipo sanitario, sociale, psichiatrico e quant’altro. Sei sbagliato. E per proprietà logica, il non essere maschio, dunque l’essere femmina, diventa automaticamente l’essenza del giusto, del buono, del positivo, costruttivo e corretto. Questo nonsense sta portando a esiti esilaranti negli USA, dove ad esempio si dice in piena serietà che c’è troppa mascolinità tossica tra i marines dell’esercito e che il dilagare generico della violenza è anch’esso legato a questa forma di patologia mentale.
IBAN: IT12D0617501410000001392680 |
|
Tutto questo nel paese dove il libero accesso alle armi ha generato negli anni periodiche stragi, quelle che da loro si chiamano “mass shooting”, spesso nelle scuole, ma non solo. Il network CNN ha di recente pubblicato la lista dei 27 peggiori massacri di questo tipo. Manco a dirlo, gli autori sono tutti di sesso maschile. Inizialmente la causa di questi fenomeni terribili è stata individuata proprio nella facilità con cui negli USA ci si può procurare un arma da fuoco, il che è pur vero, ma il concetto di mascolinità tossica ha poi aggiunto un plus, proprio alla luce delle rilevazioni della CNN. Sono numeri da paura, in effetti, a cui però altri giornalisti con un po’ di sale in zucca hanno fatto le pulci, facendo ricerche approfondite sui carnefici di quelle 27 stragi. Con un esito pochissimo pubblicizzato perché, di fatto, sovverte alla radice il concetto di stesso mascolinità tossica più molti altri connessi.
Dei 27 responsabili maschi di massacri di massa, infatti, è risultato che 26 erano cresciuti privi della figura paterna. O perché deceduta o perché allontanata a seguito di separazione o divorzio. In sostanza erano venuti su o con mammà, oppure con mammà e un altro soggetto maschile estraneo (il nuovo compagno di mammà). Non è un caso irrilevante, soprattutto per l’impressionante incidenza del fattore comune rilevato: si sta parlando del 96% dei colpevoli di stragi di massa accomunati da un’unica caratteristica, la mancanza di una figura maschile di riferimento riconoscibile nel lato paterno biologico durante la loro esistenza. Vista dall’altro lato, significa un’overdose di presenza materna e femminile, una soverchiante incidenza di approccio unilaterale al rapporto con se stessi e con gli altri. Ciò non significa che l’educazione materna o femminile sia deleteria di per sé, ovviamente. Significa che lo diventa quando esercitata da sola senza alcun contrappeso.
IBAN: IT12D0617501410000001392680 |
|
Tutto ciò che è previsto o settato per essere bilanciato e complementare, se esercitato in modo univoco, tende a diventare tossico. Chi cresce con un solo o prevalentemente con un genitore, qualunque sia dei due, ha e avrà sempre un deficit di tipo affettivo ed educativo, che porterà con sé in un contesto sociale iper-competitivo, capace di sottoporre a pressioni così soffocanti da condurre alla psicosi se non si hanno gli strumenti interiori per un approccio bilanciato. Strumenti che un’educazione equilibrata, data con il contributo di un padre e di una madre, contribuisce a fornire all’individuo. E senza i quali, là dove si può comprare un fucile da assalto solo esibendo la carta d’identità, il passo verso la perdita di controllo può essere breve. E se in una sola direzione, quella favorevole alla figura femminile, è sempre andata e sta ancora andando la gestione dell’istituzione-famiglia quando essa si disgrega, allora, alla luce dei numeri, il problema non pare più essere la troppa mascolinità o la sua tossicità. Il problema sembra essere proprio il contrario: la mancanza di mascolinità nella vita di molte persone.
Ventisei stragisti su ventisette avrebbero forse avuto bisogno di una figura paterna, maschile, forte, di riferimento, di repressione anche se necessario, di instradamento, correzione e stimolo. L’avessero avuta, a compensazione di un’educazione solo femminile, forse le probabilità che diventassero dei “mass shooter” si sarebbero abbassate di molto (e uguale si potrebbe dire se ventisei su ventisette fossero stati privi di madre). Questi due numeri in relazione, ventisei su ventisette, non sono e non possono essere considerati irrilevanti. Specie oggi dove si cerca di affermare che le famiglie innaturali, quelle composte da persone dello stesso sesso o di genere liberamente interpretato, hanno il “diritto” di avere o crescere dei figli.
La positività dell’apporto eterogeneo di due persone di sesso opposto all’educazione di un individuo è stata ampiamente studiata e dimostrata e solo un irresponsabile stream ideologico può metterlo in dubbio, nella scienza sociale come nella vulgata popolare. Checché se ne dica, dunque, non è la mascolinità a essere tossica: se i fatti hanno un senso (e ce l’hanno), è l’assenza di equilibrio, in questo caso proprio l’assenza di mascolinità, a creare disagi che non di rado, purtroppo, possono trascendere. Le rilevazioni sui “mass shooter” americani vanno mandate a memoria, tenute sempre pronte per quando la mascolinità tossica approderà sotto forma di ossessione e tic verbale anche dalle nostre parti. Ventisei su ventisette senza figura paterna significa una cosa sola: troppa poca mascolinità nella loro vita. Altro che.
Leave a Reply