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di Anna Poli – Da ascoltatrice assidua di radio in macchina quale sono, mi capita frequentemente di spararmi la canzone del momento anche sei, settecento volte a viaggio. Per non parlare poi degli interventi da casa su temi scottanti quali le doppie punte di Pinco o l’ansia da esame di Pallino. Fa parte del gioco, è la radio: a volte brontoli, altre sorridi. E altre volte ancora parcheggi e non scendi, resti dentro anche se è estate e fa caldo, resti ad aspettare la fine di quella canzone come un rito, quasi fosse un sacrilegio interrompere quel flusso bello di musica e di robe nella pancia.
Ultimamente passa spesso una canzone. L’ha scritta un cantante che da ragazzina ho amato moltissimo, ma che, crescendo, ho perso totalmente. Eppure, oggi, la sua canzone mi vela gli occhi ogni volta che la ascolto e, tutto sommato, mi fa apprezzare questo buffo gioco della radio che me la passa sei, settecento volte a viaggio. La canzone si intitola “tutto tua madre” ed è di J-Ax, una volta Articolo 31 ora non so, credo canti da solo. Lungi anni luce da me volerne fare una disamina musicale o un’apologia del rap, non mi interessa e non ne sarei capace. Io la voglio leggere.
Questa canzone è una storia dolcissima scritta da un uomo con l’intensità e la passione di un uomo. Parla di un uomo e la dice lunga sugli uomini e, del tutto inconsapevolmente e involontariamente, sbugiarda anni di campagna femminista misandrica e scellerata. Questa canzone è la storia di un papà come ce ne sono mille milioni, un papà che ha assistito impotente all’aborto spontaneo della compagna, che ha sofferto, che si è disperato e che oggi guarda il suo bambino come guardasse un miracolo. E ti porterò lontano con la forza di un missile. E ti prenderò per mano, ti porterò a giocare su un prato e il telefono l’ho buttato e ho buttato tutte le pare. Per fortuna somigli a tua madre, per fortuna sei tutto tua madre. Genitore tanto quanto la mamma, non soffre di meno e non ama di meno. Sulle sue spalle porta il peso di tutto, tanto quanto la mamma ed esce stampandosi un faticosissimo sorriso sulle labbra tutti i giorni per andare a lavorare. Un papà bello. Un esempio.
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Un esempio perfetto di un sabato e domenica sì, un sabato e domenica no e, se è fortunato, un giorno infrasettimanale a settimana per un totale di 8 sudatissimi giorni al mese “di visita”, ossia giorni in cui potrà vedere suo figlio qualora mai si separi. Spero che J-Ax non me ne vorrà, di certo non è mia intenzione gufare sulla sua esistenza, ma mi piacerebbe davvero tanto che lui che ora è il papà autore di un testo dolce, buono, limpido, commovente sapesse che domani, grazie a questo suo stesso testo, potrebbe essere un uomo evidentemente aggressivo che fatica a controllare una rabbia probabilmente ancestrale e che, non a caso, nel testo scrive: quand’è che ci fate un figlio? Tutti la stessa domanda. Io trattenevo la rabbia perché avrei voluto spaccargli la faccia. Un lapalissiano caso di uomo maltrattante in potenza. Non solo, ma poco più avanti è sempre lo stesso J-Ax che ammette vilmente: avevo perso da mo’ la speranza, non sopportavo più tutto quel dramma. Ad avere coraggio ci pensava mamma tra medicine e le punture in pancia. L’ennesimo compagno insensibile che non vede l’ora di delegare qualche nuova responsabilità alla sua già subissata compagna.
Fra l’altro, dietro un passaggio all’apparenza poetico, cela un’indole conflittuale e accusatoria. Dapprima, infatti, sottolinea arrogantemente che il bambino è nato lo stesso giorno del nonno paterno (ora so che dietro il caos c’è un senso più profondo, sei nato a febbraio lo stesso giorno del nonno) quasi a volerne rivendicare una proprietà, poi colpevolizza prepotentemente la mamma del fatto di aver monopolizzato le attenzioni del piccolo (mamma incredula temeva che fosse un miraggio e i primi mesi ti ha tenuto giorno e notte in braccio). La conclusione del testo, però, è quella che sancisce la capitolazione del J-Ax papà, in quanto se è vero che la testa dura e la voglia di urlare, quelle le hai prese da me, allora si conferma anche come un pessimo modello genitoriale, aspetto che già di per sé potrebbe anche portare quei già generosi 8 giorni a 6.
Ora io ho scherzato, è vero, ma poi neanche troppo. Quello che davvero mi piacerebbe accadesse è che cominciassero ad essere i papà non separati a lottare, quelli che ancora non hanno tre denunce per molestie, due per stalking e sei per mancato rispetto del decreto del giudice. Quelli che possono ancora dire liberamente che vorrebbero spaccare la faccia a qualcuno nell’ambito di un testo dolcissimo, perché non sono dei violenti, ma sono semplicemente disperati in quel momento. Quelli che non devono ancora temere che ogni loro telefonata in cui si arrabbiano e piangono con la stessa donna che fino al giorno prima era la loro confidente e amante venga registrata, strumentalizzata e usata per colpirli. Il tutto sempre al fine ultimo e supremo di ottenere soldi.
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Spero che J-Ax davvero non me ne voglia, ma la sua canzone è la canzone di tanti troppi papà splendidi che nella vita non fanno i cantanti ma che in nulla differiscono da lui. Questi papà oggi sono mostri, relegati ai margini delle vite dei loro bambini senza motivo alcuno, messi alle corde da un sistema sbagliato che non è capace di tutelare il debole solo perché non è abituato a vederlo come tale. Spero che tutti i J-Ax del mondo si sveglino e si rendano conto che quello che a parole sa di sesso forte, in realtà, nei fatti è il ruolo debole, fragile, il ruolo che non ha voce e che non ha diritti, che si può calpestare. Il ruolo che domani sarà dei loro nuovi splendidi bimbi nati.
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