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di Anna Poli – La mia mamma e il mio papà si amavano una volta, o almeno credo. Papà rideva perché mamma, al mare, ci metteva sempre ore per entrare in acqua. Mamma diceva che era troppo fredda e che preferiva bagnarsi un pezzettino alla volta, piuttosto che congelarsi tutta in un colpo solo. Papà diceva che, una volta dentro, il freddo passava e non ci pensavi più. Mamma continuava a fare di testa sua e tutti e due ridevano. Ridevano molto la mia mamma e il mio papà, quando si amavano. Mamma rideva quando papà voleva a tutti i costi accompagnarmi sul brucomela, per poi urlare a squarciagola con le braccia alzate come se stessimo affrontando le montagne russe più incredibili del mondo. Poi scendevamo come due eroi e mamma ci abbracciava, baciava papà sulla fronte e lo guardava negli occhi per un po’ di minuti, una cosa anche un po’ sdolcinevole, così io a un certo punto tiravo uno dei due per la manica e tutti ci incamminavamo verso la baracchina dei gelati.
A nonna, papà piaceva tanto una volta. O almeno credo. Quando andavamo a pranzo dai genitori di mamma, nonna riempiva il piatto di papà con una porzione di lasagne gigantesca, poi sorrideva e diceva: “chi ha una famiglia sulle spalle deve avere spalle robuste”. Non so bene perché nonna pensasse che le spalle di papà fossero ripiene di lasagne, ma so che la cosa faceva sorridere papà. E anche mamma: tutti ridevano molto quando la mia mamma e il mio papà si amavano. Nonno una volta ha messo una mano sulla spalla di papà, ha stretto un po’ (forse per accertarsi che le lasagne di sua moglie fossero ancora tutte lì) e ha detto con gli occhi un po’ lucidi: “sei il figlio maschio che non ho mai avuto”. Poi, visto che tutti avevamo capito che stava per commuoversi, ha aggiunto: “sai che gare di rutti a tavola!”. E tutti si sono messi a ridere.
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Le amiche di mamma guardavano papà come un divo del cinema, quando mamma e papà si amavano. Loro erano state molto meno fortunate di lei, dicevano, infatti si erano sposate degli stronzi e ora guarda un po’ che fine avevano fatto: dovevano fare tutto da sole, con quel misero assegno che lo stronzo passava loro tutti i mesi. Gli amici di papà, quando mamma e papà si amavano, dicevano che lui era un uomo molto fortunato, perché la sua non lo avrebbe mai scaricato per mettersi con il primo cretino conosciuto in chat e lui non si sarebbe mai trovato sul lastrico a causa di un assegno spropositato e a dover mendicare qualche ora in più da poter passare con suo figlio, cioè io. Ridevano tutti molto, quando mamma e papà si amavano. E io mi sentivo al sicuro.
Ho capito che qualcosa non andava quando mamma e papà hanno smesso di ridere. Papà rimaneva fuori casa più del solito, mamma non usciva più. Papà era silenzioso, mamma sempre arrabbiata. Io non capivo assolutamente niente di quello che stava succedendo, ma un giorno è capitata una cosa molto strana. Mamma, prendendo il tè con una delle sue amiche che amavano papà, ha detto: “e il guaio è che è sempre stato così. Pensa che anche al mare, quando lui decideva che l’acqua era calda, doveva essere calda per tutti. E io che mi sono sempre lasciata condizionare su tutto da lui e mi sono sempre buttata, congelandomi, solo per fargli piacere”. Non poteva essere che stesse parlando del mio papà, sicuramente avevo capito male. E l’amica che amava papà ha risposto: “cosa ti aspettavi, cara? Sono tutti uguali. Stronzi sono e stronzi restano, avremmo dovuto ascoltare di più le nostre madri e invece, niente, abbiamo voluto credere nel principe azzurro e adesso, ecco, la vita ci porta il conto”. Di quali tutti stava parlando? Cosa voleva dire? Di quel discorso non ho capito niente eppure mi sono sentito molto triste. Papà quella sera non è tornato. E neanche quella dopo.
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Mamma non ha smesso di essere arrabbiata, anzi prima era arrabbiata solo con papà, ora lo è con molte più persone: i genitori di papà, tutti i parenti di papà (anche quelli che lui non vede mai e che sente solo su facebook), gli amici di papà, i colleghi di papà. A volte mi viene da pensare che se papà prendesse un cane, mamma si arrabbierebbe subito anche con lui. Nonna fa porzioni di lasagne molto più piccole per tutti e dice spesso che se tutti gli adulti fossero infantili come mio padre la società sarebbe un gigantesco brucomela a picco su un baratro. Nonno non parla quasi più, beve molto e scuote parecchio la testa come se dicesse di no, ma nessuno sa a che cosa. Io, dal canto mio, continuo a non capire quasi niente, non so cosa sia questa società, ma so che se tutti gli adulti fossero come il mio papà non sarebbero poi così male, quindi forse la società è qualche cosa che si potrebbe fare meglio. Anche papà sorride meno, ma sorride. Quando siamo insieme facciamo mille cose, perché lui dice che il resto può aspettare. Ma in fondo è triste, questo lo vedo. Io a volte penso che, forse, un piatto di lasagne di nonna un po’ più grande degli altri basterebbe per farlo di nuovo sorridere davvero. Ora che ci penso, forse non era il piatto a farlo sorridere, forse era nonna, forse si sentiva amato.
Domani parlerò con un giudice. Mamma mi ha fatto un elenco di tantissime cose che dovrò dire e nonna ne ha aggiunte tantissime altre e io sono un po’ preoccupato perché tutte proprio temo di non riuscire a ricordarle. Che poi questo fatto di dire che voglio che le mie abitudini vengano rispettate, non mi convince neanche del tutto: tanto per cominciare perché le abitudini di cui parla mamma non so neanche bene cosa siano e poi perché forse mi piacerebbe avere anche qualche abitudine nuova. Avere uno spazzolino è un’abitudine? Averne due può essere un’abitudine nuova? Domani voglio ricordarmi di chiederlo al giudice. Per fortuna papà non mi ha dato nessun elenco di cose da dire. Forse di tutte quelle cose al giudice non ne dirò nessuna, forse gliene dirò solo una, che non c’è tra tutte quelle che mi hanno elencato la mamma e la nonna. Forse gli dirò solo: giudice, ridai i sorrisi alla mia famiglia. In due, in tre, in otto case, ma fai di nuovo ridere tutti. Falli ridere di nuovo come quando la mia mamma e il mio papà si amavano.
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