di Anna Poli – In genere non amo tornare su notizie o articoli vecchi di qualche giorno, ma questo mi implora di fare un’eccezione. Non solo perché il tema che (mal)tratta mi è caro, ma anche perché contribuisce, senza cognizione di causa alcuna, a distorcere in termini denigratori una delle figure più importanti del panorama educativo di una società, nonché una delle più bersagliate dal femminismo isterico e urlante tanto di moda: il papà. Poiché a farlo è proprio un padre, che ha probabilmente la presunzione di non rientrare affatto nella cornice infamatoria che lui stesso dipinge, mi permetterò di rileggere a modo mio il suo sproloquio.
L’articolo a cui mi riferisco è uscito su Repubblica del 20 luglio, è scritto da Pierluigi Battista e titola “Se il padre (narcisista) cerca nei figli la celebrità”. Poiché per abitudine consolidata giudico praticamente sempre un libro dalla copertina, diciamo che già il titolo di questo articolo la dice lunga su quello che verrà dopo. Prendiamo quelle due parentesi: cosa sono? Un vezzo pittorico o pretendono di avere una funzione? Scritto così, quel “narcisista”, si riferisce alla categoria intera dei padri, ne specifica un aspetto imprescindibile. Non un’eventualità, bensì la norma. Dunque credo sinceramente che questo non fosse l’intento del nostro articolista (e padre) confuso. Credo volesse dire piuttosto qualcosa del tipo “se il padre (che talvolta è davvero narcisista)” eccetera eccetera.
Ma c’è un altro aspetto di quelle parentesi che mi disturba con prepotenza e cioè la scelta infelice del termine che ci sta dentro. Quello di cui si parla nell’articolo è un padre (secondo l’opinione contestabilissima di chi lo scrive) presuntuoso, altezzoso e pieno di sé; però narcisista è un’altra cosa. Se i primi tre aggettivi qualificano aspetti non particolarmente positivi di un’indole senza portare con sé strascichi di retrosignificati, il quarto invece non è un semplice sinonimo dei precedenti ma è il termine specifico con cui si denomina un grave disturbo della personalità. La scelta, dunque, oltre che infelice, o è ignorante o è infamante.
Anche qualora il titolo fosse diverso, purtroppo l’articolo resta tale, quindi riassumiamo qualche fatto. I primi di luglio la senatrice leghista Lucia Borgonzoni entra nel mirino delle critiche per aver lasciato prima del previsto il confronto sull’immigrazione organizzato con l’arcivescovo Zuppi. Molti leghisti la difendono insultando il vescovo, Repubblica lancia una raccolta firme a sostegno di Zuppi e (udite, udite) alla raccolta firme aderisce anche il padre della Borgonzoni, un architetto di sinistra che ha più volte dichiarato di non aver votato la figlia e che le contesta (parole sue) una scelta non ottimale “poiché quando si viene invitati ad un dibattito in casa d’altri si resta ad ascoltare”. Lucia indispettita ribatte: “tu mi usi come un palcoscenico”. Quello che vedo io è uno scambio tra un padre coerente e anche dolcemente paterno che contesta un comportamento senza dubbio poco educato della figlia e una figlia insolente e indispettita che fatica ad accettare il fatto che il proprio padre rimanga fedele a se stesso invece di prendere a prescindere le sue difese.
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In ogni caso, secondo Battista, il padre che contesta gli atti della figlia in politica non va bene, è un narcisista. Bene, e se invece si tratta di un padre che appoggia il figlio? Niente da fare neanche in questo caso. Riferendosi a Vittorio Di Battista, padre del pentastellato Alessandro e suo convinto sostenitore, ancora il giornalista parla di narcisismo da palcoscenico. Anche in questo caso il genitore è pessimo, “un padre bizzoso che merita attenzione mediatica per il solo fatto di aver dato i natali a un politico decisamente più noto di lui”. Sommando le sue riflessioni, ecco cosa ricava in conclusione Pierluigi Battista: “così assenti, fragili, evanescenti ora i padri sgomitano per avere un posto, per sentirsi protagonisti, per giocare un ruolo fondamentale. … Forse sarebbe il caso che i padri tornassero nella loro nicchia marginale in cui la società e la cultura li hanno relegati”.
Sono frasi aberranti, fondate su un nulla di ricerca o di qualsivoglia dato. Il profilo che Battista dipinge non è affatto quello di un’ipotetica figura malata di narcisismo che, proprio in virtù del suo quadro patologico, resta un caso isolato e particolare, bensì quello di un’intera categoria. Una categoria, fra l’altro, già abbastanza vittima della realtà ottusamente centrata sulla figura della madre come impeccabile dispensatrice unica di formazione; una categoria che è esattamente quella cui lui stesso appartiene. Obiettivo, dunque: sparare a zero su tutti meno uno. Un atteggiamento che personalmente definirei presuntuoso, ma ho in mente almeno una persona che lo definirebbe narcisista.
Tutti i papà meno uno avrebbero dovuto sentirsi, e sono certa si siano sentiti, insultati. Tutti meno uno, sono sicura, avrebbero voluto e vorrebbero protestare, ma con quali garanzie? Ne ricaverebbero seduta stante il consueto marchio di aggressivi e molestatori, e vestirebbero al volo i panni ormai logori del mostro che non controlla le proprie emozioni. Perché è così che funziona la sevizia mediatica per i padri: o sono evanescenti e fragili e stanno zitti, o sono barbari mostri che montano sul piede di guerra per un nonnulla. Il guaio è che questo articolo fa schifo e fa arrabbiare, e allora perché non dirlo? Lo stile è eufemisticamente mediocre e il contenuto ignobile e presuntuoso. Non dice nulla di utile e tuttavia affolla il suo fondo (di pagina) con sproloqui insensatamente offensivi. Il personaggio di padre che Battista consapevolmente vorrebbe propinarci è tutt’altro che realistico e certamente non è la regola. Quello che, invece, inconsapevolmente ci mostra, se vogliamo, è l’evoluzione di figli dispettosi e viziati, che confondono il fare politica con l’essere stelle su una scena che può essere loro rubata da un momento all’altro.
Bollare l’articolo di Pierluigi Battista come carta da camino è il minimo, eppure non è sufficiente. Lo stesso articolo riscritto sostituendo la parola padre con la parola madre avrebbe riempito pagine e piazze di sguaiati moti nazifemministi. I papà, tutti meno uno, elegantemente tacciono e io che sono un perfetto esemplare di femmina di sesso debole invito cordialmente il signor Battista a formulare delle scuse all’intera categoria dei padri. Meno uno.
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